11 gennaio 2008

ci siamo trasferiti

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AVVISO IMPORTANTE

dall'8 gennaio 2008 il Blog della Comunità Provvisoria si è trasferito su wordpress :

http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/

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per accedere al nuovo BLOG cliccare sul link seguente

http://comunitaprovvisoria.wordpress.com/

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_vai nel 'sommario' e CLICCA su un singolo 'titolo' per aprire l'intero testo del POST / commenti in ogni articolo

_per uscire dal singolo POST, a fine pagina, clicca su "HOME PAGE" oppure clicca in alto sulla banda verde 'comunità provvisoria'; la C.P. da oggi ha un nuovo TAG proposto da Gaetano : alta ofantinia

_con questa nuova impostazione i COMMENTI hanno pari visibilità e dignita' del POST
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_il 'sommario' sarà aggiornato, in genere, una volta a settimana
_PARTE un sondaggio per ottimizzare il BLOG >>> sidebar a sinistra

sommario provvisorio 6.1.2008
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COMUNITA' PROVVISORIA

il porco letterario (new 8.1.08) La provvisorietà, cari amici vicchiariell, incalza
Il cugino alacremente lavora per passare su wordpress, dice che lì, degli anonimi, si saprà pensiero vero, nome e cognome continua

rifiutano (le dimissioni) della vergogna RIFIUTI è opportuno discuterne adesso sul BLOG della C.P.; è auspicabile un manifesto, una petizione firmata da tutti i comunitari che vogliono partecipare alla discussione _ anche questo è un'esperimento ... CONTINUA

dal goleto a castel del monte / nanosecondo, verderosa, giardiniere

una sera a Visazz / evento a Bisaccia, jazz, poesia, scultura

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FRANCO ARMINIO

Rifiuti e Disordine (new 7.1.08)

ancora stipendi (new 6.1.08) ... so che molti qui dentro non vogliono sentire parlare di quella che viene chiamata politica. ma come ho già scritto nell'ultimo post, per me il lavoro paesologico e poetico a volte s'intreccia con la passione civile... continua
la libertà di essere vasti

stipendi e rifiuti
non solo irpinia
da lisbona, marco ciriello

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MICHELE FUMAGALLO

costruire qualcosa di nuovo, sia pure provvisorio, presuppone una visione diversa dal gioco ricorrente (new 7.1.08)

il viaggio non è più quello di prima

ma il costo della politica coincide in gran parte in Italia con quello delle istituzioni

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POESIA del SUD
/ alfonso nannariello

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Puntamenti trascorsi / archivio eventi segnalati

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viaggio e poesia di domenico cipriano (new 6.1.08)

il sax si arrampica fotopoesia di gaetano calabrese (new 6.1.08)

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_il sommario si aggiornerà settimanalmente (il venerdì) con i nuovi post inseriti

_chi vuole pubblicare un POST deve spedirlo in redazione, alla mail: altairpinia@gmail.com

_saranno pubblicati con priorità i POST sulle tematiche comunitarie e sugli argomenti che saranno man mano proposti dalla redazione; prepariamoci sul PAESAGGIO

_COMMENTI liberi e provvisori in ogni POST (preferibilmente no ANONIMI - no VELENI) _ a.v.

9 gennaio 2008

A NORD, A NORD, COMUNITARI!

Cari amici della Comunità Provvisoria,
mi dispiace ma state prendendo delle brutte cantonate. La questione rifiuti, ma molte altre che si sono già presentate e si presenteranno, vi fanno andare fuori strada.
C'è poco da stare allegri. C'è un'impressionante incapacità di analizzare i processi storici alla luce dell'epoca di trapasso che stiamo vivendo. Tralascio la questione specifica dei rifiuti, su cui mi propongo di intervenire un'altra volta (tanto ormai si è capito che ci accompagnerà per molto tempo).
Se ne leggono di cotte e di crude anche sul nostro blog. Senza nessuna voglia (o capacità) di raccontare, come si dice nei tribunali, la verità tutta la verità nient'altro che la verità.
Invece è proprio quello che, in un'epoca confusa e di sfiducia collettiva, bisognerebbe fare.
La Comunità provvisoria, se vuole avere qualcosa di nuovo da dire e provare ad inventare un minimo di "nuovo alfabeto" (perchè siamo davvero a questo, a un analfabetismo analitico spaventoso, a un analfabetismo affettivo spaventoso, a un analfabetismo del vivere civile spaventoso), deve sforzarsi di cercare il massimo di verità negli avvenimenti. Non è facile d'accordo, ma questa è la sfida.
Piaccia o non piaccia ai nostri piagnucolosi o incazzosi commentatori, nella nostra epoca, ahimé, non ci sono "innocenti". L'innocenza se n'è andata a farsi benedire quando abbiamo raggiunto la "terra promessa" del progresso e del benessere. Per questo viviamo, a me sembra, un periodo di decadenza. Una sorta di "stagnazione civile" che produce un ingolfamento della storia.
Ed ecco che le parole sembrano sempre più vuote, quando le pronunciamo ci accorgiamo che non corrispondono più alla realtà.
La questione rifiuti a Napoli è emblematica. Si balbetta qualche mezza verità. Per esempio che la classe dirigente è clientelare e famelica, che c'è complicità della politica con la camorra, che il Nord ha "inzuppato" nella crisi meridionale invece che aggredirla. Tutte cose vere, ma raccontate, appunto, con furbizia, con la logica delle verità "deboli", e naturalmente con lo sguardo rivolto al passato.
Allora mantenetevi forti, comunitari e frequentatori del blog!
Voglio fare incazzare di brutto alcuni di voi, provando ad elencare alcune cose che a me sembrano un tantino più vicine alla verità.
1) In nessuna città del Nord Europa o anche del Nord Italia le popolazioni sarebbero convissute con tonnellate di immondizia in mezzo alle strade. Se non fossero intervenute le autorità (ma l'avrebbero fatto), i cittadini si sarebbero organizzati in comitati non solo di protesta ma di "risoluzione attiva" del problema, di lavoro o, per dirla con linguaggio che usavamo tempo fa, di "sciopero alla rovescia".
2) In nessuna città del Nord Europa o anche del Nord Italia, nonostante la crisi che si vive ovunque sia pure in modo diverso, le popolazioni convivono in modo così ramificato con la camorra e la cultura camorristica e mafiosa.
3) In nessuna parte del Nord Europa o anche del Nord Italia, nonostante la raccomandazione abbia preso piede anche altrove, c'è una psicologia di massa clientelare così diffusa come nel Sud d'Italia.
4) In nessuna parte del Nord Europa o della ricca America del Nord c'è un concentrato di case in proprietà (insieme alle opere pubbliche una delle grandi tragedie del paesaggio italiano e meridionale) come nel Sud d'Italia definito "povero".
5) In nessuna città del Nord Europa o anche del Nord Italia il più rincoglionito degli abitanti, magari anche senza molti soldi, celebra, non dico lo sposalizio, ma semplicemente i diciott'anni della figlia con cento o molti di più ospiti come capita nel Sud d'Italia.
6) In nessuna parte del Nord Europa o d'America intere classi dirigenti, spesso corrotte e clientelari per non dire peggio, vengono premiate dall'elettorato come capita in Italia e specialmente nel Sud d'Italia.

Cari comunitari, si potrebbe continuare, ma per ora mi fermo qui.
Volevo solo dire che il piagnisteo meridionale è finito, non ha più nessuna credibilità, non ci credono neanche quelli che lo praticano. C'è ben altra storia da mettere in moto nel vecchio Sud.
Una storia nuova, che riparta dalla verità, senza nascondere i "difetti" della popolazione meridionale. Una storia che comprenda che è dall'incontro degli "opposti" che possono nascere scintille. Dall'incontro con una donna può nascere qualcosa di grande in un uomo e viceversa. Dall'incontro di un intellettuale con un operaio può nascere qualcosa di grande e viceversa.
Dall'incontro con il Nord può nascere qualcosa di grande nel Sud e viceversa.
Perciò ho ascoltato tempo fa con noia la canzone di Teresa De Sio che declamava: "A Sud, A Sud!". No, mi dispiace. Non è più tempo. "A Nord, A Nord!": questa è la parola d'ordine che mi piacerebbe sentire al Sud e soprattutto tra le nostre montagne dell'Alta Irpinia.

Con affetto
Michele Fumagallo

8 gennaio 2008

com'è difficile capirsi

carissimo michele,
ho letto i tuoi recenti post. si capisce bene dai tuoi scritti il limite della Cp. sarebbe necessario essere una comunità, non singoli che scrivono e agiscono isolatamente e in modo estemporaneo.
sono sempre dell'avviso che la Cp abbia bisogno di un progetto chiaro, lucido e condiviso. credo sia necessario, se vogliamo agira con ordine e osservare e fare le cose da un'angolatura alta.
spero che prima o poi si accetti l'idea e ci si disponga a questo tipo di lavoro. diversamente la frammentarietà e l'inseguimento del caso, del momento.
alfonso

Di nuovo su rifiuti e comunità provvisoria

Caro Angelo,
credo che si stia insinuando tra i "comunitari" una confusione. La confusione è tra Comunità Provvisoria e agire pubblico. E si commettono, secondo me, due errori. Il primo è quello di non capire che l'organismo che abbiamo chiamato non a caso "provvisorio" non è in grado di agire collettivamente come un partito o un gruppo più o meno omogeneo e strutturato. E' un pò come se uno volesse far giocare ad un bambino di tre anni, invece che ad un ragazzo di sedici, una partita di calcio. Prima che stupido è astratto. La Comunità Provvisoria, in pratica, "non esiste". E' quindi difficile far fare una cosa strutturata e organizzata a un organismo che "non esiste", cioè è ancora in "gestazione". Il secondo errore è quello di pensare che ciascuno di noi non può impegnarsi in ciò che crede. Non è così. Ognuno può fare ciò che vuole, a condizione di praticare la "doppia militanza" (o tripla, o quadrupla), cioè di non pretendere di comprare da un fruttivendolo un vestito. Fuor di metafora non si può pretendere dalla Comunità Provvisoria ciò che essa non può (almeno finora) dare. Tra l'altro ne va anche della nostra onestà intellettuale. Abbiamo detto fin dal primo incontro cosa l'organismo avrebbe più o meno fatto e cosa non sarebbe stato. Cambiare le carte in tavola è un pò come tradire.
Poi c'è anche la questione dell'astuzia sui tempi. E' nostro interesse portare avanti la "gestazione" della Comunità Provvisoria senza distruttive forzature. Non servirebbe a niente. Ci troveremmo a breve con un pugno di mosche in mano e senza più credibilità.
Quindi ognuno può impegnarsi come vuole. La Comunità Provvisoria può dare il suo contributo alla questione-rifiuti nel modo in cui lo sta già facendo (ma anche meglio, se si organizzasse il blog per argomenti. Per esempio perchè non inizi tu una discussione con proposte sul problema rifiuti?). E magari anche con un incontro mensile ad hoc, sempre secondo il nostro stile territorial-culinario-artistico (scusami il termine ma non me ne viene un altro).
Perciò calma, amico mio. Non è vero che gli uomini forti non fanno "baldoria" in casa quando fuori c'è la tempesta (ammesso che i rifiuti siano la tempesta, ma, ahimé, c'è ben altro, caro Angelo!). E' vero esattamente il contrario. Gli uomini forti sono quelli che soffrono la mattina insieme alla persona che soffre e gioiscono il pomeriggio insieme alla persona che gioisce. Inversamente sarebbero semplicemente foglie al vento, deboli che si fanno condizionare da "ordini del giorno" imposti da altri.

Con affetto "comunitario"
Michele Fumagallo

a sud di dio

quando mi guardavi mi innalzavi
come una nube al sole
quando chiudevi gli occhi e poi tacevi
io passeggiavo nudo e nuotavo in te



ho una croce tatuata sulla cute del capo
tra l’orzo nato smorto dei capelli
ho un’ostia di vita nel sepolcro del cuore
e ogni battito è attesa di un ritorno
ho lumini rossi accesi intorno alle parole
e voci tinte di porpora, lividi sul corpo
ogni accento è un’intonazione del vuoto
a ogni tremore al vento della fiamma
giro gli occhi alla porta



la mia ombra sul muro bianco
a primavera, ancora sa di inverno
dentro il mio petto, nell’abito scuro
il primo fiore di un albero di rame
anche in questa stagione
la morte ha un sapore
di neve senza zucchero e limone



ho un subbuglio urbano nel petto
una folla di manichini e di cose in soffitta
qui siamo tutti fuori uso
qui nessuno è mai per sempre
ma sempre in affidamento provvisorio
domani mi toccherà mangiare ancora
ancora poi domani e poi la sera
un andare e ridiscendere le scale
il sole è congelato sui pesci in pescheria



sono appesi agli alberi neri dell’inverno
a testa in giù i fecondati in vitro
legati a piedi uniti, tra la neve
a bocca aperta, a braccia spalancate
le ho uccise in bocca tutte le parole
le ho sputate a pezzi una ad una
come semi spaccati sotto i denti
mezza faccia me l’ha colpita il lampo



nel catino d’acqua morta
galleggiano le barche
affondano le onde
io sono qui
sul bordo smalto azzurro
rigo del mattino
pronto a far da testimone
ad offrire un alibi
ancora non so a chi



dopo che ha nevicato
e il cielo resta chiuso
ancora come un sudario
il vento
è uno stendardo di spine
oggi il tuo augurio
è pane
che sazia questo inverno
sotto questa neve



sul fianco, alla cinta dell’anno
ciondolano un tintinnio le scorze delle cozze
i giorni vuoti, i gusci neri.
a quale dio ho schiuso le mie porte?
avvolto nelle sue pellicce di volpe bianca
avanza
con passo lento e con qualcosa in mano



dove passando hai poggiato le mani
nell’aria è rimasta la tua impronta
nessuno reclama il tuo corpo
caduto nella nebbia, tra le foglie.
solo io.
vorrei cantare per te
dodici versioni diverse della stessa canzone.
anche mio padre è morto da un anno.
perché non vieni a ballare con me
e poi a sentirmi recitare in pubblico
le poesie che ti ho scritte?
vieni, qui il mattino
odora di amaretti scartati
il resto del giorno
di cicche fumose e guai.
ogni giorno
prima che il gallo canti tre volte
tu splendi nei miei sogni
città di dio

7 gennaio 2008

il porco letterario

La provvisorietà, cari amici vicchiariell, incalza
Il cugino alacremente lavora per passare su wordpress, dice che lì, degli anonimi, si saprà pensiero vero, nome e cognome
Franco ormai non pensa più al PD, è affascinato dai sondaggi del blog
Ho passato la giornata a chiedermi perché gli irpini votano “ il blog non mi piace” e poi invece vi passano l’intera giornata
Calabrese sta riversando i suoi microquadernipoetici sul blog
Cipriano dopo mesi si è affacciato ed è in cerca di lettori
Alfonso e Dario leggono beffardi
Entrano nell’agone finalmente le donne, Teresa C di Hera-kles e Maria Matilde; si volgon tutte a Gaetano
Mi si presenta sulla nuova piazza al Goleto, Piacere, sono il Giardiniere … e conosco Fumagallo da bambino
Rifiuti sì, rifiuti no, Bassoli-no, anonimi sì e no
Michele FG frustra continuamente noi già poveri comunitari a vestire anche il saio
…ma quando mi parla del sausicchio pezzente …
allora ho telefonato all’amico Nestore: il posto per farlo c’è
è in contrada Eremita, tra Morra e Sant’Angelo, si sale a piedi, c’è il porco e anche una bella massaria
come dice Franco sarà una giornata letteraria, io auspico leggendaria
Errico farà le tomacelle
Comunitari ! urge un sopralluogo: si va mercoledì all’Eremita nel pomeriggio ?

RIFIUTI E DISORDINE

Mi sono occupato fino alla nausea di rifiuti ai tempi della battaglia per salvare il Formicoso. Quella battaglia, durata quattro anni, fu vinta, ma come era facile prevedere il problema dei rifiuti ha assunto proporzioni gigantesche. Sappiamo colpe e colpevoli, sappiamo anche che siamo ben lontani dalla risoluzione della faccenda.
Avevo insieme ad Angelo Verderosa immaginato che la Comunità potesse elaborare una sua proposta e magari farla sottoscrivere. Prendo atto che questa via a molti non piace. Allora quello che possiamo dire è che ognuno si organizza come vuole, magari utilizzando anche questo blog per far conoscere le proprie idee e le proprie iniziative sulla materia. Alcuni possono raccogliere le firme, altri possono immaginare performance artistiche. Piena libertà a tutti, ma senza usare il cappello della “comunità”. Non siamo un partito e ci mettiamo poco a prendere una decisione e a cambiarla. Non abbiamo neppure paura di manifestare la nostra impotenza che poi è l’impotenza di tutti in questo periodo.
La nostra strada la costruiamo giorno per giorno, senza mete preordinate. Siamo provvisori e barcollanti, come i tempi impongono. E siamo anche felicemente disordinati. Cambiamo grafica ogni giorno e non nascondiamo le nostre indecisioni. Basti pensare per fare un esempio all’atteggiamento verso i commenti anonimi. Chi li vuole, chi non li vuole. Rimane l’evidenza che abbiamo iniziato il cammino a Bisaccia mettendoci in cerchio e invitando ognuno a dire chi era e cosa faceva nella vita.
Arminio

firme

La proposta di Angelo è chiara e opportuna. Sui rifiuti non è il caso di fare una chiacchierata da bar, ma bisogna scrivere una proposta precisa per la nostra provincia e sottoporla alla pubblica attenzione. Io direi di procedere in questo modo. Oggi e domani è aperto il dibattito, possibilmente entrando nel merito della questione. Se riusciamo a intenderci mercoledì scriviamo il testo e si chiede di firmarlo.

Costruire qualcosa di nuovo, sia pure provvisorio, presuppone una visione diversa dal gioco ricorrente

Costruire qualcosa di nuovo, sia pure provvisorio, presuppone una visione diversa dal gioco ricorrente / Cari amici della Comunità Provvisoria,
mi vedo costretto a intervenire per la terza volta su cose che dovevano già essere acquisite tra di noi e invece riscontro sempre la tentazione di ritornare indietro. Mi riferisco al rincorrere l'attualità, o addirittura gli ormai stucchevoli sondaggi. E' evidente che questa creatura fragile che si chiama Comunità Provvisoria, se continua su questo tasto, rischia di sfaldarsi o, peggio, di avere un "successo" effimero e negativo. Nessuno pretende di parlare al di fuori dell'attualità, d'accordo, ma noi dobbiamo distinguerci affrontando qualsiasi problema, naturalmente con ordine, da un'angolatura "alta", diversa dal chiacchiericcio dei politici ufficiali, dei finti cittadini (in realtà "casalini"), dell'informazione drogata.
La Comunità Provvisoria è un organismo delicato. Chi vuol farci parte deve capire che è una cosa provvisoria ma seria. Ho preferito chiamarla già due volte "arte applicata a incontri tra amici", molte più volte "sperimentazione". Chi ha fretta di rincorrere la realtà rischia la manipolazione dell'organismo. Chi vuole stare nella Comunità Provvisoria e nello stesso tempo impegnarsi in altre cose deve attrezzarsi alla "doppia militanza". Capire che quì non si fa tutto, e quindi alcune cose (politiche, professionali, eccetera) bisogna farle al di fuori, per conto proprio.
La Comunità Provvisoria gestisce un suo sito internet di dibattito (da regolare con argomenti non solo "alti" ma anche spiazzanti in rapporto all'agenda "ufficiale" dei problemi), promuove un incontro mensile "corposo" e alcuni incontri più piccoli ma non meno significativi.
La Comunità Provvisoria si dà un tempo di sperimentazione di circa un anno, poi fa un bilancio di se stessa e decide il da farsi.
Naturalmente, durante questo anno di attività, si possono anche prendere decisioni che modifichino in piccolo l'impostazione di alcune cose della Comunità e guidino al traguardo finale dell'autunno prossimo, ma senza stravolgere la sua originalità di organismo appunto provvisorio, libero, che ha voglia di incontrare persone e con loro vivere, nei nostri territori, alcune esperienze di qualità sia dal punto di vista umano che culturale e artistico.
Per quanto mi riguarda, io ho aderito per questo. Il resto per me, in questa struttura oggi, non avrebbe alcun valore. Michele Fumagallo

6 gennaio 2008

rifiutano (le dimissioni)


dal corriere della sera di oggi 6 gennaio (tanto per dare di stomaco e aprire un dibattito; proviamo a montare anche un sondaggio _ a.v.)
... Ma nonostante l'impegno del governo, resta alta la polemica politica. Nel mirino il sindaco Rosa Russo Iervolino e il suo predecessore, il presidente della Campania Antonio Bassolino. Contro di lui anche un esponente del centrosinistra, il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, che senza mezzi termini ha chiesto le sue dimissioni. Bassolino, dal canto suo, ha parlato di parole irresponsabili da parte di un ministro del governo. La tensione resta alta. Ancora oggi, dai microfoni del Gr3, Di Pietro ha ribadito la necessità di un passo indietro di Bassolino e di un «ricambio generazionale» alla guida della regione, non rinunciando ad attaccare anche Clemente Mastella e l'Udeur che difendono Bassolino: «Mastella e il suo partito sono tra quelli che governano la Regione - ha detto l'ex pm -. Alla presidenza del consiglio regionale c'è sua moglie, assessori ce ne sono del suo partito in Regione e in tutta la Campania, quindi, piuttosto è davvero strano che diventino giudici di se stessi. Questi che hanno governato devono lasciarsi giudicare, non fare i giudici...

della vergogna RIFIUTI è opportuno discuterne adesso sul BLOG della C.P.
è auspicabile un manifesto, una petizione firmata da tutti i comunitari che vogliono partecipare alla discussione
anche questo è un'esperimento

il sax si arrampica

Omaggio a Pasquale Innarella


Un post autografo del Poeta Errante dell'Irpinia Gaetano Calabrese

cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere (sono graditi i commenti, grazie -la redazione del comintern AR + AV- , da oggi AVAR acronimo dell'AVATAR che alberga in ognuno di noi)


ancora stipendi

so che molti qui dentro non vogliono sentire parlare di quella che viene chiamata politica. ma come ho già scritto nell'ultimo post, per me il lavoro paesologico e poetico a volte s'intreccia con la passione civile.
questo pezzettino uscirà domani sul corriere, ma la precedenza è per la "comunità".
arminio

Questo non è un articolo. Ne ho scritti due nei giorni scorsi e ovviamente non ho ricevuto nessuna risposta. Il tema era lo scandaloso rifiuto dei consiglieri regionali campani di ridursi lo stipendio del dieci per cento.
Lo so che i loro stipendi incidono ben poco sul complesso dei tanti sprechi della politica. Lo so che nessuno si è mai ridotto lo stipendio senza essere costretto a farlo. Ma queste evidenze non possono far considerare meno vergognoso il comportamento di consiglieri regionali che s’ispirano a valori cristiani e socialisti.
Io al gioco che il problema è sempre un altro non ci sto più e credo che non ci stiano più neppure le tante persone che hanno dato fiducia al progetto del partito democratico pensando che con le vecchie logiche né si risolvono i problemi e neppure si prendono i voti. Per quanto mi riguarda aggiungerei una R: partito democratico rivoluzionario. Una “rivoluzione” che viene dalla voglia di rifare comunità e di riannodarsi al proprio paesaggio. Una spinta pacifica ma potente, capace di coniugare scrupolo e utopia. _f.a.

viaggio e poesia

INVITO AL VIAGGIO

di Domenico Cipriano

Ti invito al viaggio

in quel paese che ti somiglia tanto

(Franco Battiato)

Osservate il movimento del treno

nel viaggio rende tutto rettilineo

annulla le case, i tralicci,

l’erba e gli alberi divengono

un colore maculato, le onde

la linea del coma profondo.

Il pensiero si distanzia

segue la retta ininterrotta

ogni geometria si dissolve

abbandona visibili rotondità:

le sfere solide della realtà.

Quindi potremmo dire che in viaggio è come se l’anima si staccasse dal corpo abbandonando le forme della geometria solida e acquistando una dimensione propria. Questo è anche la poesia: un viaggio incondizionato, il passaggio tra due tappe, il punto di sutura tra due nuclei vivaci d’osservazione: uno dinamico, l’altro di riflessione.

Leggevo su un numero di Donna, il settimanale de La Repubblica che studi recenti sostengono che il pensiero dell’uomo e della donna si sviluppano in modo diverso: precisamente il pensiero maschile in modo rettilineo a differenza di quello femminile che è circolare.

Riportandoci alle osservazioni sul viaggio, della poesia in apertura, e prendendo spunto da questa teoria, si può constatare che la circolarità delle cose appartiene all’aria respirata nelle tappe dell’itinerario prefissato o improvvisato che ne rappresenta il moto rettilineo.

Da questa riflessione vorrei far notare quanto il pensiero come il viaggio (o viaggio/poesia) hanno bisogno di due momenti distinti nella forma, ma unitari nella sostanza per ritrovarsi nell’individualità delle due parti inscindibili dell’essere umano: maschio e femmina.

Il percorso comporta fermate, momenti circolari, periodi di azioni svolte prima di ripartire. Situazioni in cui il corpo s’interpone alla luce e forma l’ombra, passaggio colmo di odori, sapori, colori: incontri più tenaci della fase di movimento, ma accomunati dalla precarietà dell’ombra.

Quindi dove cercare poesia? Essa vive nell’ombra del viaggio: è il bisbiglio chiuso nell’attimo raccolto nella foto scattata; rappresenta l’incredulo momento del risveglio dall’ipnotico, breve tragitto nel mondo. In queste tappe anche brevi nasce il confronto con gli altri, osservandone la diversità: la luminosità o la tristezza che nasce dai loro occhi, per cogliere una luce che serva a proiettare nuove conoscenze. In tal modo modifichiamo le nostre regole prefissate, acquisite nei luoghi d’origine, che risentono a volta della mancanza di confronto, mentre altre volte si rafforzano, facendoci comprendere come alcuni comportamenti semplici e radicati, siano indispensabili alla nostra esistenza e siano anche più coerenti rispetto alle nuove realtà che si aprono davanti a noi.

È attraverso l’incontro con diversi usi, esperienze, costumi, che comprendiamo quanto in noi può o deve essere modificato perché fonte di assurdi pregiudizi e quanto dentro di noi va rafforzato perché reale, sincero e stabile, come una pianta salda alle radici che cresce sul terreno fertile. Così chiediamo al viaggio di cambiarci e farci diventare migliori, perché in giro per il mondo portiamo noi stessi, con le nostre paure e le nostre sicurezze e la poesia ci spiega i percorsi, non come una macchina fotografica che raccoglie immagini per un depliant turistico, ma come una cartina dell’anima dove con un pennarello tracciamo le nostre sensazioni/sentieri per partire e ritornare attraverso l’itinerario offerto dalla nostra vita.

Tutto questo ci è donato dall’esperienza che, secondo Walter Benjamin, parte da un condizionale, il dubbio rispetto al senso comune. E vediamo come “l’esperienza ha qualcosa del viaggio, il suo movimento è complesso: essa muove dal senso comune, ne nega l’immediatezza e nomina nuovamente le cose” (Paolo Jedrowski), proprio come fa la poesia:

Col viaggio mi fingo ombra

per segnare passaggi nel tempo

senza traccia neppure accennata,

essenza visibile nell’istante, dubbio

di essere apparso, o essere un falso.

Ma possiamo anche vedere un’altra comunanza tra il viaggio e la poesia, prendendo spunto dalle esperienze della Beat Generation e la loro esigenza di spostarsi in giro da una costa all’altra degli Stati Uniti per calmare il loro “malessere interiore”; un malessere che aveva bisogno anche della scrittura, della poesia, per essere rasserenato. “Neal incarna la necessità universale di andare, di spostarsi; senza dubbio, non è un esploratore, non cerca di conquistare nuove frontiere, come qualcuno ha voluto leggere. [...] semplicemente hanno dentro un dolore che li calma con il movimento” scrive Emanuele Bevilacqua. Allo stesso modo racconta Donatella Bisutti: “Conosco poeti famosi che, se si svegliano di notte in preda a un incubo e non riescono a riaddormentarsi, cercano di liberarsi scrivendo una poesia [...]. E se avessero preso un tranquillante? [...] Una volta o l’altra l’incubo sarebbe tornato”. Questi due elementi, quindi, viaggio e poesia nascono da uno stesso bisogno, la ricerca e la liberazione di un incubo, l’incubo primordiale che cerchiamo di affrontare per imparare a parlargli.

Ho conosciuto anni addietro un ragazzo che raccontava la sua storia di viaggiatore e la sua passione per la scrittura poetica. Viaggiava il mondo per convivere con una forma depressiva che gli dava momenti di euforia e momenti di totale immobilità, creandogli un vero e proprio sdoppiamento della personalità. L’unico dottore che gli aveva saputo dare una ragione di speranza lo aveva esortato nel viaggio, a cercare nello spostamento la ricerca della sua interiorità. Si era incamminato in questa avventura con ardua decisione, sapendo, nei suoi momenti di lucidità, che si sarebbe trovato in successive situazioni di abbandono, ma da cui, esortato dalla voglia di fare, ne sarebbe uscito di volta in volta. In un suo viaggio era andato ad incontrare Madre Teresa di Calcutta, un esempio di umanità che raccontava con estrema devozione, ma tanti altri erano stati gli incontri positivi ed i posti che entravano nella sua vita e nella sua poesia. In tal modo provava a calmare la sua febbrile convivenza con la vita, scavando pian piano dentro il suo mondo, conoscendo e comprendendo sempre meglio come difendersi da se stesso, attraverso l’incontro con gli altri, le altre civiltà, le altre esperienze.

Certo quello appena raccontato è un caso molto particolare, ma vuole far riflettere: nel nostro piccolo, infatti, ognuno ha il suo mondo di paure ancestrali e di difficoltà nel comprendere la strada più giusta per la propria esistenza, ha le sue smanie di vita e le sue indecisioni. Soprattutto l’artista sente forte il bisogno di scontro con la civiltà che lo contiene, e sente nascere da dentro un bisogno che non riesce a soddisfare con le cose che esistono intorno a se; così cerca di crearsene nuove o le cerca in un mondo distante sapendo che, mettendo insieme tanti elementi eterogenei, potrà trovare ciò che lo accontenterà per un pallido istante prima di ripartire col viaggio, con la poesia. Dopo tutto il viaggio è fonte continua di ispirazione e per molti scrittori è esso stesso l’immaginazione, la letteratura: “Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza.”, come spiega Louis-Ferdinand Céline.

Quindi con le stesse dita che scavano per cercare dentro di noi, dobbiamo cercare di scavare altrove, così vedremo che i semi trovati nascosti sotto la nostra terra possono convivere con semi di altra terra, ma sempre accarezzata dallo stesso vento prima di dare nuovi frutti. Questo è anche il motivo perché il poeta si libera nella ricerca di se stesso e del mondo che lo circonda, confrontandosi con le varie realtà e con le loro ombre, nella consapevolezza che:

Solo il viaggio

mi rende vivo,

libero dai dogmi ancestrali

che mi appartengono:

figlio di terra e vento!

Note: le poesie riportate sono dell’autore.

L’articolo è già apparso in differenti versioni su:

1. LE VOCI DELLA LUNA n. 26/27, dicembre 2003

2. MUSICAOS n. 24, numero speciale “La cattiva strada”, gennaio 2007.

5 gennaio 2008

dal goleto a castel del monte con la moto di federico II

Ieri sera, "viaggiando", come al mio solito con la testa tra le nuvole dell'alta irpinia, sono arrivato all'Abbazia del Goleto... stavolta mi sono perso davvero e sono arrivato un pò tardi. Mi sono perso la prima parte (è stato ricordato un monaco benedettino, P.Lucio, che ha riaperto l’Abbazia 200 anni dopo la soppressione napoleonica; l’Abbate di Montevergine si oppose per 10 anni al proposito di P.Lucio; nel 1973 P.Lucio partì da Montevergine senza un libro e senza un abito di ricambio; con Lui l’Abbazia è risorta) . In compenso ho sentito la Messa ...era parecchio tempo. Angelo è stata una "guida" speciale nell'accompagnarci a leggere la storia e l'architettura di un luogo fantastico. Giorni fà Vi parlavo delle "forme della comunicazione" e lì ne ho ritrovata una: "l'ottagono" (nei basamenti delle colonne della Chiesa di S.Luca -1250- opera delle maestranze inviate da Federico II da Castel del Monte al Goleto, in ossequio alla Badessa Marina II). La forma del Graal? La forma della "macchina del tempo" (o configurazioni del mutamento, o moto perpetuo?). Ho ritrovato le "forme della bellezza di molti luoghi" che ho visto nei miei viaggi con la mia moto del tempo. Oltre ai cerchi e alle spirali. Ieri sera ho anche conosciuto tante altre persone speciali (Antonio Vespucci e Antonietta Cassese da S.Andrea di Conza, Tonino Restaino e Emidio De Rogatis da Teora, Giuseppe De Mita senior, Antonio Ressa e Gianni Acquavivola da Nusco, Antonio Imbriano, il giovane Gerardo Policano, i già comunitari Giovanni Maggino, Pasquale Lodise, Antonio Luongo di Cairano, Arcangelo de la Locanda, i monaci goletani Paolo Maria - Roberto e Wilfried-). Siamo partiti dalle dune di silice del Presepe allestito da Antonietta, si cava da 8.000 -ottomila- anni in prossimità di Melfi, siamo passati per il sepolcro di mARCO pACCIO mARCELLO al Goleto da 2000 anni, alla viabilità Romana (da Aeclano per la Traiana e l'Appia), a Santa Felicita, all'asse viario (pellegrinaggi + armenti) Picentia-Monte Sant'Angelo con sosta alle sorgenti dell'Ofanto (e quindi al Goleto), a S.Guglielmo e al suo terzo pellegrinaggio mancato, a Marina II, a Federico II, a Giulio II ... alle 10 e 30 eravamo in otto intorno alla colonna ottagonale ... in un council improvvisato. Siamo quindi passati da Teora (baricentro tra le civiltà di Oliveto e Cairano), col toro sannita nello stemma a Pescopagano con la petra del Giano bifronte. Abbiamo degnamente ricordato i nostri protostorico-genetici irpino-sanniti, guidati dal lupo che infine ha accompagnato S.Guglielmo -patrono dell'Irpinia- entrando in s.Pietro nella navata principale - lato dx. E i longobardi con il culto dell'Angelo, dell'Arcangelo, da Sant'Angelo (dei Lo/mbardi) a Monte S.Angelo. E ancora le fondazioni abbaziali di Guglielmo (dal Goleto verso l'Oriente a cui tendeva): S.Michele a Monticchio, S.Maria di Pierno, passando per Lagopesole, Venosa e ... Castel del Monte. / E' bella l'idea che Angelo ci ha proposto: andare a visitare Castel del Monte costruito da Federico II -che ne dite di un viaggio a piedi?- La ritengo molto importante e quasi per me una scelta obbligata (poi capirete perchè). Alcune delle "forme" architettoniche che si trovano nel Castel del Monte, Angelo le ha ritrovate nell'Abbazia del Goleto. Ho spiegato, a tutti gli amici presenti nel cerchio di ieri sera, che la ricerca, il viaggio che stiamo facendo, non è casuale. Le "forme" geometriche di Castel del Monte (in primis l’ottagono), delle Piramidi, di Stonehenge e di alcune colonne della chiesa di S.Luca corrispondono al numero aureo di Fibonacci... sull'argomento tempo fa ho scritto delle cose. // Trovate il (vostro) tempo e leggete ...(questi i due link) http://www.girodivite.it/Le-nuove-frontiere-della-fisica.html ... http://www.girodivite.it/Renato-Palmieri-ci-apre-una-porta.html saluti da Enzo Maddaloni (nanosecondo) e da Angelo Verderosa

info sul Goleto: www.goleto.it

per vedere le foto della Piazza (Premio Intraluoghi 12007): http://www.flickr.com/photos/verderosa/sets/72157603301906895/

il videoclip nella Cappella di S.Luca

Il "GIARDINIERE" ricorda Padre Lucio

Oggi pomeriggio mi sono recato al Goleto alla commemorazione di Padre Lucio, e mentre guardavo le diapositive con cui Angelo Verderosa illustrava la storia dell’Abbazia, con la mente ritornavo a quei giorni d’estate agli inizi degli anni settanta quando un gruppo di ragazzi e ragazze di cui facevo parte anch’io, provenienti da ogni località d’Italia per le vacanze estive a Nusco, a piedi scendeva alle - allora - rovine del Goleto, per visitarle e per conoscere Padre Lucio. Erano quelli anni di grandi fermenti politici e ideali ed eravamo affascinati dalla scommessa di Padre Lucio di far rivivere quelle pietre, di costruire una comunità attorno a degli ideali che noi giovani studenti alquanto confusamente, mischiavamo con i capovolgimenti di anni belli e terribili. Stavamo ore seduti sulle pietre a discutere con lui anche animatamente ma senza mai perdere di vista la prospettiva che lui ci raccontava come se fosse cosa viva: far rivivere il Goleto. Credo che ci sia riuscito, anche se lui non ha potuto vederlo - e mentre ritornavo in macchina a casa, vedevo le luci dell’Abbazia nella notte della valle dell’Ofanto illuminata come un faro di speranza per viandanti senza meta. Padre Lucio ha vinto la scommessa! __ Il giardiniere 4/1/2008

le foto della cerimonia di dedicazione della Piazza a P.Lucio Maria De Marino al Goleto http://www.flickr.com/photos/verderosa/sets/72157603649051470/

la libertà di essere vasti

Ieri mattina ho scritto l’articolo intitolato “stipendi e rifiuti”. L’ho scritto per un sentimento d’indignazione che mi dava un dolore fisico, dolore che la scrittura dell’articolo non ha dissolto. Ieri pomeriggio ho scritto le poesie che potrete leggere qui sotto. Perché le metto? Per affermare la liberà di essere vasti. Abito diversi luoghi. Sono una creatura di frontiera. Non è un merito. È così e basta. L’articolo è fatto ed è già perso nel vortice delle chiacchiere che si elidono a vicenda. Su queste poesie ritornerò, le alleverò come porcellini e non so che fine faranno. Le parole della poesia hanno bisogno di riletture nel tempo per vedere se resistono. Ma intanto, qualunque sia la vostra reazione, adesso sono qui, esposte come panni al vento. __ arminio 4.1.08
L’ASTRO INCAPPUCCIATO
1.
Batto i tasti senza sapere se sono vivo o morto,
guardo le mie scarpe, sento che ho le dita
un poco fredde e vado avanti, avanti
con la mente che mi bagna le braccia
e poi cade a terra, la mente come una luce
che filtra dal mio corpo e prende la via del mondo,
la mente che prende il mio corpo tra le sue braccia,
ora tutto il mondo è tra le mie braccia,
venite a vederlo, pare un bambino appena nato.

2.
Tutto questo tremare,
questo tremare in continuazione
che mi ha così stancato.
Mai un giorno, mai un momento
che sono stato tranquillamente morto
in mezzo alla vita, addormentato
come cosa tra le cose,
sempre lì a cercare, sempre ad agitarmi
per ingrandire l’attimo che viene
mai la voglia di evitarlo,
mai la voglia di trascurarvi,
di trascurarmi.
3.
Parliamo, lottiamo,
svegli, vivi, addormenti,
col sole, con la nebbia,
da bambini, da vecchi,
allegri, tristi, moribondi,
sempre noi,
ombre illuminate da un cerino,
cerini dell’ombra.
4.
Il giorno in cui moriremo
il vento come sempre passerà
in mezzo a questa casa che si chiama mondo.
In mezzo alla casa un corpo rigido,
trascinato via dalle invisibili formiche
dell’eternità.
5.
Quando moriamo
la mente si apre come una tovaglia,
si apre a tal punto che non può contenere
più nulla, neanche una briciola del nulla.

6.
In certi funerali le persone
hanno una bella faccia, bella voce
e pare che si vogliano riunire
come per sciogliere vecchi confini.
La casa del morto fa tenerezza.
C’è chi guarda con attenzione
anche un tavolo, anche un calendario.
7.
Un sorriso,
un femore rotto,
un amore, un morto…
tutto è appoggiato
sulla barca senza destino
che vaga per il corpo.
8.
Andate nel mio letto,
andate a prendere le mie mani
andate a prendere la mia faccia.
Con le mie mani ho salutato la mia faccia
con la mia faccia ho salutato le mie mani.
9.
Adesso ho un umore cieco,
mentre prima mi sentivo lieve
nel saliscendi della vita,
mi piaceva che andasse da ogni parte.
Adesso il tempo si è ammalato
mi passa dentro come una valanga,
come un cane affamato.

10.
Non sono mai stato dentro la vita.
Ci ho sempre girato intorno
come se fosse una mina antiuomo
che se la tocchi scoppia.
Adesso lo so che ho sbagliato
e che bisogna esplodere,
perché il nostro corpo è già una fiamma,
una succursale del sole,
un piccolo astro incappucciato.

stipendi e rifiuti

Metto qui un pezzo che uscirà domani 4 gennaio sul corriere del mezzogiorno. Quando comincio un discorso cerco di portarlo avanti e mi piace farlo anche senza vezzi letterari. So che in fondo è penoso dover ricordare certe cose, bisognerebbe parlare di ben altro (e io penso di farlo) ma abbiamo una regione sommersa di immondizia e abbiamo questi politici. Si può discutere sulle forme, ma un ritorno alla politica mi pare importante. Nei prossimi giorni mi piacerebbe che cominciassimo a ragionare intorno al tema del paesaggio. In fondo è stato il tema con cui abbiamo avviato la comunità. __ f.a. 3.1.2008
Stipendi e rifiuti
Il recente “rifiuto” dei consiglieri regionali di ridurre il proprio stipendio del dieci per cento è molto grave di fronte alla ormai macabra situazione dei “rifiuti”. Mettiamo anche che i politici campani siano bravissimi a risolvere ogni genere di problema, ma il fatto che da anni ci sia un commissario straordinario che si occupa dell’immondizia vuole dire che si tratta di politici destituiti di almeno una parte della loro funzione e quindi sarebbe logica la riduzione dello stipendio.
Qui non c’entra niente l’antipolitica e non c’entrano niente i discorsi sulla vecchia e la nuova politica. È una questione di giustizia. Un operaio viene pagato per le ore di lavoro effettivamente svolte. Nelle fabbriche bisogna recuperare anche un ritardo di cinque minuti. Non si capisce perché i politici debbano impunemente essere liberi di fare danno: basti pensare al fatto che senza rifiuti Napoli sarebbe piena di turisti. A questo punto qualcuno dirà che l’arma per far pagare il conto è in mano ai cittadini e si chiama voto. È un’obiezione fondata solo in parte. Sappiamo bene che con i meccanismi attuali non siamo noi a scegliere i nostri rappresentanti nelle istituzioni, ma si tratta semplicemente di confermare scelte fatte da altri.
Prima di discutere su come risolvere i problemi di una società, i diversi partiti hanno il dovere di avere le carte a posto. E siccome il pd, cioè il partito che governa quasi tutto in Campania, sta costruendo in questi giorni le sue carte, sarebbe opportuno che ci fossero scelte nette e di minima decenza.
Se la riduzione dello stipendio è un gesto di rispetto nei confronti dell’intera società che si pretende di governare, scrivere una norma che impegna gli eletti a versare una quota significativa al partito è un gesto di rispetto nei confronti della politica che si pretende di rappresentare. In questo campo si può procedere anche in maniera unilaterale, non c’è bisogno di tavoli e convergenze istituzionali.
Senza la riduzione degli scandalosi costi della politica è come assistere a un incontro di pugilato in cui i contendenti sono imbottiti di cocaina. La colluttazione è singolare: non si fanno male quelli che fingono di combattere ma i cittadini che assistono allo spettacolo.

non solo irpinia

metto qui, proseguendo i miei esercizi di ammirazione, un testo appena letto su Zibaldoni, uno dei migliori luoghi della rete. http://www.zibaldoni.it/ andate a visitarlo. andare dietro il paesaggio, dietro il nostro paesaggio, non significa essere paesani. la comunità è un luogo aperto, ventilato. Zibaldoni ha un respiro internazionale ed è fatto ad Angri, mi pare un ottimo auspicio per il nostro lavoro. prossimamente metterò altri pezzi importati da questa preziosa rivista.
___ arminio 2.1.2008
Il peso lieve dei sogni / Werner Herzog tradotto da Stefania Conte
Non sono mai stato uno di quelli che si preoccupano della cosiddetta felicità. Felicità è uno strano concetto. È qualcosa per cui io non sono proprio fatto. Non è mai stato un mio traguardo; io non penso in questi termini. Sembra sia lo scopo della vita di molte persone, ma io non ho scopi nella vita.
Credo di cercare qualcos’altro. Dare alla mia esistenza una qualche sorta di significato. È una risposta molto semplificata, lo so, ma che io sia felice o no non conta molto.
Mi è sempre piaciuto molto il mio lavoro. Forse piacere non è la parola giusta: l’ho sempre amato.
Significa molto per me godere del privilegio di fare questo mestiere, benché io abbia lottato per girare i miei film esattamente come desideravo e renderli tanto prossimi alla visione che stavo cercando.
All’età di quattordici anni, una volta compreso che per me il cinema era un necessità morale, non ho davvero avuto altra scelta che portare avanti i miei progetti.
Non mi annoio mai. Questa parola non esiste nel mio vocabolario. Pare che io spaventi e stupisca mia moglie essendo capace di rimanere a fissare ciò che si trova fuori dalla finestra talvolta per giorni, persino quando non accade nulla di speciale. Posso sembrare catatonico, ma non lo sono dentro. Ci sono tempeste che ruggiscono dentro. Penso fosse Wittgenstein che parlava dell’essere all’interno di una casa e vedere all’esterno una figura che si dibatte in modo strano
Da dentro non puoi capire quali bufere stiano imperversando lì fuori, e così trovi la cosa divertente.
Ogni mattina appena sveglio sento una specie di mancanza.
“Ancora! Perché non ho sognato?”. Mi sento come quelli che non mangiano o dormono abbastanza, che sono sempre affamati o stanchi, e questa può esser una delle ragioni per cui faccio film. Forse voglio creare per lo schermo quelle immagini che sono così manifestamente assenti dalla mia testa durante la notte. Comunque , io fantastico continuamente.
È mia sincera convinzione che le immagini nei miei film siano anche le vostre. In qualche modo, nelle profondità del vostro subconscio, le ritroverete mentre si celano inattive, come fossero amici che dormono. Vedere le immagini del film le risveglia, come se vi stessi presentando un fratello che non avete mai realmente conosciuto. Questa è la ragione per cui tante persone ovunque si sentono in collegamento coi miei film. La sola differenza tra voi e me è che io sono capace di esprimere con una qualche chiarezza queste immagini mai pronunciate e mai rivelate, i nostri sogni collettivi, comuni.
Ho sempre sentito che, fino ad un certo punto, il cinema dovrebbe incoraggiare ciascuno a prendere sul serio i propri sogni e ad avere la forza di fare davvero ciò che desidera, anche se talvolta si può fallire. In Burden of dreams, il fil m c he Les Blank ha girato sul set di Fitzcarraldo, racconto la storia del mio ritorno in Germania, quando le cose non andavano molto bene mentre giravamo, nel tentativo di non perdere tutti gli investitori del film. Tutti allora mi domandarono se ero intenzionato a continuare col mio progetto. “Ne hai davvero la forza e la volontà?”. Li guardai e risposi, “Come potete farmi questa domanda?” “Se abbandonassi questo progetto sarei un uomo senza sogni”. E andai avanti, a dispetto di queste resistenze, terminando il film.
Se qualcuno guarda Fitzcarraldo e trova il coraggio di portare avanti i propri progetti, allora il film ha davvero raggiunto il suo scopo.
Se una persona su trecento esce dal cinema dopo aver visto uno dei miei film non sentendosi più sola, allora ho ottenuto tutto quello che mi ero proposto girandolo. (Brani liberamente tratti e adattati da Herzog on Herzog, Faber and Faber 2002)

da Lisbona, Marco Ciriello

Per la serie "esercizi di ammirazione" iniziata con Innarella e proseguita con Fumagallo, mettiamo qui un reportage di Marco Ciriello. Si può essere bravi scrittori e vivere in un piccolo paese come Pietrastornina. Marco scrive per Il Mattino e ha pubblicato due libri con Pequod. Il resto ve lo dirà lui in uno dei prossimi incontri della Comunità. ___ f.a. 3.1.2008
Le scale della metropolitana hanno il respiro dei poveri e la puzza di piscio di chi ci passa la notte. È quello il primo odore che senti, poi alzi gli occhi e leggi: «Cais do Sondré». Il secondo è un pensiero per la vita silenziosa della città. Ti muovi con familiarità, non devi fuggire dall’istante, c’è una tranquillità per le strade mattutine che sfiora la finzione. Ha rampe che ti consegnano al mare rubandoti il fiato e vicoli che ti inchiodano al realismo delle voci sui muri: «O Estado rouba, rouba ao Estado». Quando vedi un tram, vecchio, giallo, stinto, spuntare dalle spalle di un palazzo piastrellato d’umido: arrancare e presentarsi semplice e stupido alla ripetizione del suo tragitto, non puoi che sorridere della sua certezza: c’è e ci sarà ancora. Rassicurante come una preghiera. I tram attraversano ignari piazze immobili per il piacere dei turisti, sospesi in mezzo alle morbide piogge di questa città, orfani nella notte, girano per tranquillizzare. Lisbona ha un ritmo lento, per questo se li è tenuti, ha strade piene di luce e cieli trasparenti sul silenzio, spesso rotto dalla gente che urla a testa alta. In molti parlano soli. Seduti, composti, vecchi biglietti della sorte fra le mani o in tasca, fumano cattivo tabacco e puzzano di fritto i pazzi lisbonesi. Li puoi trovare seduti alle fermate dei tram o alle scale della metro, hanno tutti la faccia stanca, molti giorni di pietà in arretrato, e al pari dei tram riempiono le strade aspettando che finisca il giorno. Città tagliata col coltello, si mostra in disordine senza vergogna, sporca di cuore. Ha palazzi d’azzurro porcellana e finestre bianche, squadrate case che registrano luce e sguardi, calore, spazi stretti che diventano salite e selciati, e terrazze con panchine che ci passeresti la vita a guardare di sotto una smorfiosa cattedrale senza tetto, l’immenso spazio d’una piazza o una nave: pettine dimenticato in mezzo all’acqua. Qui si rischia la pigrizia di un sepolcro se lasci vincere l’anima. La ruggine, ombra ruffiana del tempo, accompagna i passi dei turisti. Le insegne sbiadite delle pasticcerie e le loro vetrine che sembrano strade dell’est fanno il paio con la malinconia dei giorni che s’accorciano e le facce da madonne tristi che hanno le portoghesi. In metropolitana, invece, vedi le città da dentro, senza palazzi, solo gente e gallerie, e storie, come quella che racconta a una sua amica la donna salita a «Baixa-Chiado». Dice di aver trovato uno che vendeva giornali d’epoca, comprato un quotidiano con la data di nascita del suo amore: quel giorno di marzo del ’56 si annunciava la prima traversata di non so che cima della terra del fuoco. O la ragazza angolana che - prima di scendere alla fermata di «Martim Moniz» - dice alla sua vicina di posto che oggi ha fatto i conti con la polvere e le ragnatele della casa dove lavora, e quando accenna alla sua vittoria sui ragni: ride rumorosamente, davvero contenta, come se avesse sconfitto Carlo Magno. Sulle pagine de o «Público» il sociologo Antonio Barreto racconta come sono cambiati i portoghesi negli ultimi anni, e seppure in movimento siano rimasti religiosissimi e orgogliosi della propria identità ma a un livello di vita ancora molto basso rispetto alla media europea. Alla fermata «Rossio» c’è un azulejos di una donna in fuga fino a scomparire dietro la linea delle piastrelle che tutti fotografano, e accanto una immagine di un’altra donna, stropicciata, quasi avesse pagato il passaggio. Prima dell’uscita un arabo vende chincaglierie e poco più in là un cieco elegantissimo intona una nenia ogni volta che una moneta risuona nel contenitore di plastica giallognola ai suoi piedi. Alla fine della strada da un furgone verde viene fuori la voce di Amália Rodrigues che canta fado sommergendo la voce del cieco. Uscendo ad «Alameda» si spunta in un bel parco pieno di gente. C’è sole caldo e molti clochard stesi a terra. Un glabro ciccione è il padrone dell’enorme fontana che chiude il lato piccolo del parco con i suoi cavalli di pietra. Disteso, pancia all’aria, si gode la bella giornata. Poco distante un nero seduto su un mucchio di cartoni recita la parte del cattivo, urlando cose incomprensibili a quelli che corrono in tondo, chiude: un sassofonista biondo e barbuto che suona Louis Armstrong. Alla fermata successiva «Olaias», si esce di fronte a due campi nuovi di zecca, uno di rugby: vuoto, e l’altro di calcio, pieno zeppo di ragazzini che sognano Cristiano Ronaldo. Il più bravo ha una vecchia maglietta di Saviola, calciatore argentino, promessa non mantenuta, e agli altri proprio non riesce di marcarlo. Si riparte in compagnia di giovani tedesche, super attrezzate, hanno guide e mappe e telecamere. Mentre sfilano le stazioni di «Bela Vista», «Chelas», «Olivais» e «Cabo Ruivo», pura periferia, si ha l’impressione che tutti filmino le stesse cose che poi finiscono su You Tube, quasi a voler giustificare che hanno vissuto, viaggiando. E osservando le ragazze tedesche: più che fotografare o filmare, sembrano intente a controllare che tutto corrisponda alle guide, perdendo quelle poche ore di gioia che un posto regala a chi gli è estraneo. C’è una pagina di Pessoa dove racconta del più grande viaggiatore conosciuto: un garzone che passava dal suo ufficio, instancabile collezionista di dépliants pubblicitari di città. Un voyeur di cartine geografiche e illustrazioni di paesi lontani. Si faceva dare dalle agenzie di viaggio le guide a nome di un ipotetico ufficio. Aveva opuscoli pubblicitari delle rotte navali dal Portogallo all’India, all’Italia, fino all’Australia. E l’aspetto che lo divertiva maggiormente era che il ragazzo conosceva esattamente per quali ferrovie si andava a Parigi o a Londra, e la sua pronuncia sbagliata di posti lontani li rendeva ancora più misteriosi e interessanti, finendo per avere un mondo tutto immaginifico e distorto dai propri desideri. Tra il garzone di Pessoa e le ragazze tedesche c’è la differenza che passa fra l’innocenza di uno sguardo bambino e la corruzione di uno adulto, non a caso Wim Wenders si poneva una questione molto simile girando «Lisbon Story», finendo per affidarsi alla casualità dello sguardo. Quando si arriva nella nuova stazione «Oriente» opera di Santiago Calatrava, si precipita in una storia di Moebius: gli ascensori tondi e trasparenti che attraversano le arcate in cemento a vista, procurano un salto temporale per chi viene dal centro della vecchia Lisbona, piastrellata, colorata e decadente. Attraversando la stazione con la sua cresta d’osso da dinosauro, il centro commerciale e le opere di architettura di un vecchio expo, si guadagna la vista del fiume Tago. Qui c’è l’unico posto dove la città non esiste e perde completamente il suo fascino, diventando un altro mondo: l’oceanario. Però, dentro i bambini, e forse anche gli adulti, provano sentimenti in modo naturale verso una specie diversa. Ponendosi curiose domande del tipo: come è strana la vita dei pesci? che memoria hanno? c’è stato un tempo lontano che ci apparteneva? Lo scivolare nell’acqua dei pesci è amplificato fino a diventare il suono guida nell’edificio, grandi e piccoli ne seguono imparzialità e soggettività, capriole e cambi di rotta, e i loro occhietti a palla, incavati o anche introvabili, diventano oggetto di discussioni. Che poi vedere in una cosa più di quello che lei stessa vede: è non vedere nulla. L’interesse è per un piccolo, sottile, pesce zebrato dall’andatura sbilenca, e sulla gobba: riflessi dorati. Quando abbandona il suo lato dell’acquario e si abbassa fino a scomparire, sembra una navicella che affonda, portandosi via anche questo vago giorno lisbonese.

3 gennaio 2008

il viaggio non è più quello di prima

Cari Amici, // caro franco, caro marco, e cari viaggiatori. Sull'onda dei versi montaliani che esprimono il disagio e l'amarezza di non poter dare risposta alle cose se non difensiva (codesto solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo), mi inserisco in questo dibattito sul viaggio che potremmo però aprire meglio se ci decidiamo a mandare in prima pagina un argomento per volta. Per dire, per ora, soltanto questo (e mi scuso per l'evidente approssimazione ed estremizzazione dell'argomento). Il viaggio, come l'abbiamo conosciuto, non esiste più. Perchè non esistono più il tempo e la storia, cioè non esiste più il futuro. Sia il viaggio impressionistico (guardare, descrivere, limitarsi nei commenti) che quello più "politico" (guardare, commmentare, sintetizzare) hanno fatto il loro tempo. Per questo non hanno tutti i torti quelli che si rompono le palle del giornalismo e della letteratura da viaggio. Non per colpa di chi scrive (un pò sì, ovviamente, perchè bisogna essere intelligenti e prevenire i tempi sempre), ma semplicemente per colpa dell'ingolfamento della storia che si trascina dietro tutte le nostre parole e le rende "vecchie", "spompate", "noiose" anche quando la scrittura è rispettabile e "bella". // Se non avviene una "rottura", simile alle rivolte generazionali o alle rivoluzioni, è difficile che le parole possano di nuovo avere un senso. Tutto questo è molto tragico, d'accordo. Ma questa è, secondo me, la situazione. Come fare per ridare alle parole il loro valore e la loro storicità? Come fare per ridare al viaggio la sua funzione di conoscenza e quindi di racconto "reale", cioè "nuovo"? // Avrei forse qualcosa da dire, ma per ora, in attesa del dibattito "ordinato", mi limito all'assunto montaliano. // Con affetto, Michele Fumagallo

2 gennaio 2008

poesia del sud

È uno spazio del blog in cui vogliamo raccogliere la poesia di ogni sud del mondo, la poesia di poeti che, geograficamente lontani dai centri culturali, economici ed editoriali, non hanno la compiuta possibilità di essere rappresentati. In questo spazio vogliamo agitare le acque, non camminarci sopra. Vogliamo increspare le onde di una cultura commerciale e massiva, anziché farle affondare nell'acqua morta del loro catino. In questo spazio vogliamo, in particolare, essere la costola che diventa persona di un'altra invenzione, di un'altra creatura. vogliamo essere la parte femminile e integrativa del «Centro di Documentazione della Poesia del Sud... e per il Sud» di Nusco, che ha in Paolo Saggese e Giuseppe Iuliano il corpo, il cervello, i piedi, il cuore, fegato e mani. In questo spazio vogliamo essere il tazebau di quanti ci invieranno poesie, meglio se intere raccolte, di quanti vorranno salire su questo gradino di pietra, su questo podio e far sentire, come oratori nel foro di Roma, la loro voce. _ alfonso nannariello
_si apre così un nuovo spazio proposto da alfonso nannariello, un nuovo CANALE tematico sul BLOG della Comunità Provvisoria. Vediamo il materiale che man mano arriva e capiremo come evidenziare tecnicamente la possibile sezione "POESIA del SUD".

«… faremo un giorno una carta poetica del Sud …»(S. Quasimodo)
Da alcuni anni il Centro di documentazione sulla POESIA del SUD tenta di porre in evidenza la necessità di realizzare storie letterarie e antologie poetiche su basi territoriali - anche per macro-aree -, e che siano in grado di offrire un'immagine “reale” ed esaustiva non solo del panorama poetico di alcune regioni maggiormente “fortunate”, ma dell'intera nazione.Soltanto in questo modo, si potrà veramente fornire, magari attraverso una serie di tentativi anche “falliti”, un quadro compiuto della poesia italiana non solo del Novecento, ma anche dei secoli precedenti. Per compiere operazioni di questo tipo, d'altraparte, è necessario innanzi tutto conoscere almeno il meglio prodotto in tutte le aree, anche quelle “periferiche”, d'Italia, passando in rassegna le collane edite anche da editori “locali”, riviste, fogli di scrittura, antologie, e che non necessariamente, soltanto perché edite in provincia, devono essere considerate “provinciali”. Comprendiamo che antologie di questo tipo comportano anni di studio, il coinvolgimento di numerosi collaboratori, la predisposizione di un'équipe agguerrita e motivata. Ma questa è una delle poche strade percorribili, e che potrebbe consentire un censimento veramente attendibile dellaproduzione poetica italiana.Del resto, questa proposta, già avanzatada Dionisotti, Sapegno, Asor Rosa, trova non pochi consensi anche inaree geografiche non meridionali, e presso intellettuali nonmeridionali, ma che hanno stigmatizzato a più riprese le antologiepoetiche spesso frutto di interessi editoriali o di consorterieristrette. In tal senso, illuminanti queste riflessioni di Alberto AsorRosa espresse nella fondamentale “Letteratura italiana Einaudi”, che opportunamente precisa: “… non sembra superfluo sottolineare, proprioin questa fase finale del lavoro, che nell'impianto storico-geograficodella nostra ricerca, non abbiamo mai inteso approdare ad una 'storiaregionale' della 'letteratura italiana', bensì ad una 'storia nonunitaria' della 'letteratura nazionale'. Sarebbe assurdo negare,infatti, che, in virtù di fattori linguistici e ideologici, findall'inizio la letteratura italiana sviluppi una forte tensioneunitaria, una ricerca spesso appassionata dei motivi comuni (De vulgarieloquentia è l'architrave di questo sistema)”.
Questa analisi puntuale di Asor Rosa ci consente di sottolineare, dal nostro punto di vista,alcuni aspetti del problema. Il primo, fondamentale, è che nessuno vuole negare il carattere sostanzialmente coerente e “nazionale” della letteratura italiana, che ha trovato attraverso e grazie ai suoi autori più importanti e ai centri maggiori un'unità d'espressione e di“poetica”. Tuttavia, accanto a questo aspetto, proprio a causa della situazione politica che ha caratterizzato la storia italiana dal Medioevo all'età contemporanea, non meno rilevanti sono le realtà locali e “periferiche”, che hanno espresso e fatto rivivere in modo originale e “differente” fenomeni e fermenti letterari provenienti dal centro o da altre parti d'Europa. Questo non significa, tuttavia,riscrivere in chiave “localistica” la storia nazionale, quanto piuttosto valorizzare le peculiarità regionali in un contesto nazionale, senza quindi perdere di vista il carattere sostanzialmenteunitario della nostra letteratura. Questa importante acquisizione teorica produce, anche nella letteratura di Asor Rosa, un effetto dirompente e nuovo, rispetto agli stereotipi interpretativi dominanti,e che hanno ridotto la letteratura italiana a storia letteraria di poche città e di poche regioni. Infatti, quasi paradossalmente, qualora si ignorasse questa impostazione, si arriverebbe a scrivere non la storia della letteratura italiana, bensì una storia regionale della letteratura italiana.E questo assunto non sembri una pura esagerazione o una provocazione. Ancora è opportuno lasciare la parola ad Asor Rosa:
“… è altrettanto incontestabile che i diversi 'centri' o 'Stati-regioni' sviluppino tradizioni e interessi, che, nel loro insieme,costituiscono altrettante sostanziose varianti del modello unitario,che, in quanto tale, resta a lungo una totale astrazione e si presentainfatti, a scadenze ricorrenti, sotto la forma di una qualcheideologia”. ... “la letteratura italiana coincide con l'insieme di quelle varianti e al tempo stesso con ciascuna di esse. Si potrebbe dire che, invece di scrivere una storia della letteratura italiana, abbiamo scritto (ci siamo sforzati di scrivere) molte storie diverse della letteratura italiana”. “… Roma, Napoli, Milano, il Veneto, Firenze, la Toscana,ecc., come manifestazioni di autonomie e ricerche particolari, dentro il grande flusso complessivo. Vedere questo senza vedere quelle,significa perdere la conoscenza di una parte importante, estremamente reale, di una letteratura come quella italiana, tormentata e contraddittoria come poche altre in Europa”.
Se condividete questa iniziativa, si potrebbero coinvolgere le Scuole sul tema, invitandole a una ricerca sul territorio,
o a scrivere, come già hanno fatto diverse Scuole, una lettera al Ministro della Pubblica Istruzione invitandolo ad intervenire presso le case editrici di antologie scolastiche di operare una selezione degli scrittori e dei poeti nella prospettiva qui indicata. Ci sembra opportuno moltiplicare le voci e le richieste, perconvincere che il tema è sentito e condiviso da tutte le Scuole d’Italia. Inviamo un esempio di lettera già recapitata al Ministro in formato cartaceo: <<>>. Ringraziando per l’attenzione, porgiamo il nostro saluto e l’augurio di buon lavoro ai Comunitari e al BLOG.
Paolo Saggese, Giuseppe Iuliano, Alfonso Nannariello

ma il costo della politica coincide in gran parte in Italia con quello delle istituzioni

Caro Franco, // sì, certo, i consiglieri regionali farebbero bene a ridursi lo stipendio del dieci per cento e a devolverlo al bilancio regionale. Ma il problema è che non lo fanno, e non sono i soli a non farlo. Si potrebbero citare, soltanto nella storia degli ultimi 20 anni, numerosissimi esempi di richieste di piccoli sacrifici alla classe amministrativa (attenzione, non classe politica!), tutti disattesi. Allora cosa vuol dire, che sono tutti corrotti, insensibili, egoisti, rincoglioniti e chi più ne ha più ne metta? No, caro Franco, le cose purtroppo non stanno così, voglio dire che non sono così semplici. Certo, c'è una esagerazione tutta italiana su stipendi, benefit, eccetera riguardante il ceto cosiddetto politico. Guadagnano troppo e producono poco, questo é sicuro. Ma al punto in cui sono arrivate le cose, e dopo infinite richieste di piccoli sacrifici mai esaudite, occorre chiedersi il perchè accade questo se non si vuole cadere nella protesta banale e nella reazionaria richiesta di capri espiatori o di sfoghi popolari (il sud è maestro nella protesta che precede la rassegnazione). // Io credo che dobbiamo interrogarci sulla validità e funzione delle istituzioni in cui è diviso lo stato italiano. Scopriremo qualcosa di veramente scandaloso, una piovra che mangia danaro in modo impressionante, altro che riduzione di uno stipendio del dieci per cento! E soprattutto una piovra che sta lì a impedire un nuovo sviluppo e un nuovo progresso della società italiana a dispetto dei proclami contrari. // Oggi lo stato italiano, che dovrebbe attrezzarsi a "chiudere" in prospettiva della costruzione (già in ritardo sui tempi della storia) del nuovo stato (federale magari, d'accordo) europeo, è diviso in stato centrale, regioni, province, comunità montane, circoscrizioni nelle città, comuni. Tralascio i numerosissimi Enti su cui occorrerebbe fare un altro discorso. Che c'entra tutto questo con le prospettive future del nuovo stato europeo? Vogliamo scendere nei particolari? Bene. // Che c'entrano le regioni (venti!) nella prospettiva del nuovo stato europeo? E' ovvio che in quella prospettiva è l'Italia ad assurgere al ruolo di Regione (che, si badi bene, è un'istituzione giusta, punto intermedio tra Stato Nazionale e Comuni), che cazzo c'entra la Campania o la Lombardia?
Vogliamo proseguire, anche a prescindere (ma non si può, ovviamente) dalla costruzione del nuovo stato europeo? Bene, prendiamo un'istituzione fondamentale come il Comune. Che c'entra, semplicemente con la modernità, un'aggregazione o paese di cento, mille, diecimila e anche trentamila abitanti con un Comune moderno all'altezza dei bisogni di una collettività fatta di uomini-macchine che si spostano continuamente, che hanno altri bisogni dal vecchio comune isolato di cinquanta o cento anni fa? E ancora: che significato hanno le Comunità Montane su cui è stato detto tanto e non aggiungo altro solo per non sparare sulla croce rossa? E le Province, che sarebbero tranquillamente eliminate se si ragionasse in termini di Nuovi Municipi che naturalmente non possono avere, se vogliono programmare all'altezza della storia del nostro tempo, meno di ottanta/ centomila abitanti? Semplifico, rimandando il discorso a un'altra volta. L'Italia dovrebbe essere divisa così: 400 / 500 Comuni (decentrati nello stile dei Municipi della città di Roma nelle grandi città, aggregazioni dei vecchi comuni per territorio in tutti gli altri numerosissimi casi) raccordati da una Regione forte che è l'Italia, nel frattempo ridimensionata come stato nazionale in favore del nuovo stato europeo che prende la funzione e i poteri (forti!) degli stati nazionali. // Ecco, questa è la battaglia contro il costo della politica, non ce n'è un'altra. Tutte le altre hanno fallito perchè si sono "sottomesse" a chiedere piccole cose e hanno ricevuto, ben gli stà ho la tentazione di dire, pesci in faccia. E' solo la battaglia per la riforma radicale delle istituzioni che può portare anche a piccole vittorie sulla diminuzione degli stipendi. Chi si "sottomette" al ceto politico può solo avere risposte simili a quelle della regione Campania.
Con affetto, Michele Fumagallo 3.1.2008

1 gennaio 2008

una sera a Visazz

POST 'primario' della home page 1-6 gennaio 2007 _ la discussione parte dalla serata del 30 a Bisaccia; si distingue tra Blog e Comunità, si parla della bellezza degli avvenimenti provvisori, di arte concettuale, di arte amicale (?) applicata; si progettano nuove giornate comunitarie _
COMMENTI APERTI e LIBERI _ BUON 2008 d-alla Comunità Provvisoria _ a.v.

2.1.2008
il caso e la necessità
Agli inizi il Blog sembrava accogliere una energia diffusa, la voglia di stare in questa Comunità Provvisoria, debbo constatare che in questo ultimo periodo accoglie commenti che provocano altri commenti in una teoria senza occhi, incapace forse di guardare altrove ad un Campo che accolga semplicemente e con freschezza l’esserci.
Mi pare che sempre di più la forza della C.P. più che sul Blog si manifesti negli incontri come quello di Cairano fino all’ultimo di ieri sera a Bisaccia. La C.P. ha bisogno di guardarsi ed ascoltarsi con gli occhi, il blog penso possa essere uno strumento per far veicolare notizie e contributi di approfondimento per facilitare e stimolare l’organizzazione di nuovi incontri e di altri campi. Gli abitanti della C.P. sono quelli che nell’accettare l’invito si pongono nella condizione di riconoscere e valutare il significato dell’inaspettato perché le cose parlano, ma spesso nessuno le ascolta. Tutto si rende possibile quando c’è l’atteggiamento fertile, quando ogni cosa ha valore e ogni evento ogni incontro è un’opportunità, quando l’imprevisto e la stranezza della vita sono accolti con fiducia, quando l’imprevedibile danza delle cose non spaventa, non annoia, ma interessa, quando c’è sempre un perché da chiedersi, sempre un giuoco a cui giocare. Ieri sera a Bisaccia c’èra questo ed altro, materiali e storie infinite da condividere e mettere in Scena. Buon presente, Dario Bavaro

Una sera a Bisaccia, Michele dice che è Arte Applicata a incontri fra amici. la locuzione la ripete e gli piace. piace anche a me, ma, a pensarci bene, a me pare anche qualcosa in più. non mi pare tanto arte applicata a livello industriale per produrre qualcosa per il mercato del funzionale, semmai per il gioco del gratuito. della bellezza di ciò che ha grazia in sé. Una sera a Bisaccia è stata un'opera d'arte. Fluxus del tempo. arte concettuale e laboratorio dello spirito applicato al momento creativo. una sera a Bisaccia, così come l'ha illustrata Michele, così come l'abbiamo vissuta noi che abbiamo preso parte all'evento, non può e non deve finire tra quelle persone a quell'ora. credo debba, proprio come i nostri incontri mensili, essere congelata per essere divulgata, messa sul banco di vendita del blog, per allettare la vista, per stimolare il palato, per provocare il gusto. Angelo Verderosa, che ha curato la videoregistrazione, ha iniziato la catena del freddo. Spero che il prodotto arrivi, salvo proteste di camionisti in autostrada, presto in questa vetrina. peccato che il momento "altofragile" della discussione innestata dall'altro Michele, sia rimasta nel mattatoio di quell'ora. Cambria potrà sempre incartarcene i pezzi e appenderli a questo gancio, in questa nostra macelleria. _ alfonso nannariello

Se c'è un motivo per disprezzarti ti disprezzaranno. Se c'è un motivo per amarti altri te ne chiederanno. caro michele (fumagallo), il tuo post mi ha fatto venire in mente alcuni versi di non eccelso valore. la tua cronacha e le considerazioni sull'incontro bisaccese ti fanno onore. Penso che il problema principale degli irpini sia proprio la difficoltà di esprimere ammirazione. Non ammiravamo De Sanctis e in fondo non è stato ammirato nessuno dei politici, ma si è sempre trattato di timoroso rispetto. Mi piacerebbe che sull'argomento si aprisse una discussione tra i comunitari. Anzi, la apro subito parlando del fatto che trovo mirabile la tua postura intellettuale e morale. Una cosa che conosco da anni e che altri devono conoscere. Non trovo affatto adulatorio sottolineare che sei venuto a Bisaccia in una sera di grande nebbia e che non avevi il viaggio pagato. sono anni che fai questi giri per il sud interno, sono anni che vai a incoraggiore ogni fermento politico e culturale (e magari qualche volta ti accorgi pure che non di fermento si tratta). Erano anni che parlavamo al telefono di trovare uno spazio comunitario. Ora che c'è non staremo certo a indugiare intorno ai demoralizzatori e agli invidiosi. _ f.a.

Caro Michele Fumagallo, veramente è sempre difficile vedere l'altro specialmente se è uno che non la pensa come noi! E' sempre buono forse tenerlo più in disparte, perchè insinua dubbi, avanza richieste, pone questioni, enuncia la propria posizione politica, affronta e dibatte con il proprio credo l'entità delle cose e offre il suo responso con parole di bronzo. "Eravamo quattro amici al bar..." e tu dimentichi "Riccardo! "Già, perché pur se era con voi: Pietrantonio, Franco, Alfonso, Pasquale, Michele Ciasullo e con te! "lui da solo gioca al bigliardo!..." Anzi lo lasciamo ai suoi tiri, o meglio dopo i tiri fatti a 5 sponde per acciuffare l'onestà nel castelletto idee, è sempre meglio lasciarlo da solo, (tanto è uno!). Carissimo Michele F., forse in questi tempi di magra e di incrancrenite idealità, si preferisce il teorema: " Colui che dice sempre tutto ciò che pensa è meglio se ne stia da solo", oppure se vuoi, anche per un riscontro letterario più aulico, possiamo dirla con IBSEN, così: "Un uomo libero è sempre solo!" ed aggiungo che se (però) è saggiamente dubbioso è senz'altro pericoloso, perchè esce dalle nebbie fumose dei pensieri, anzi dei desiderata altrui e lo farà sicuramente anche domani e con certezza-testimonianza sottoscritta in forma letteraria, altresì, qui in confirmazione commentaria, ovvero in espresso dire onesto, fatto presto presto: Gaetano Calabrese, con qualche rima a proprie spese per un sorriso comunitario oltre qualsiasi assetto provvisorio.(gaetanocalabrese@.tin.it) pubblicamente come sempre e senza "nicchenaime o niccheneme" come cavolo si pronuncia"! pardon per errori di digt, ma difficile scrivere in finestra con caratteri precostituiti, per giunta! BUON ANNO, Gaetano Calabrese

Arte Applicata a incontri fra amici _
Cari amici, un piccolo avvenimento, come quello dell'incontro bisaccese del 30 dicembre 2007, può dare l'idea di cosa potrebbe essere davvero la politica se si occupasse del benessere delle persone, se tornasse ad essere fantasia e invenzione "comunitaria", organizzazione reale delle donne e degli uomini, insomma la grande invenzione messa in piedi per uscire dall'atomizzazione, per ritrovare e ricostruire lo spirito pubblico smarrito. La serata organizzata a Bisaccia da Franco per inaugurare la Casa Museo dello scultore Pietrantonio Arminio è stata davvero piacevole, squisitamente "comunitaria", "politica" in senso alto (e basso, perchè la cultura "alta" e quella "bassa" devono andare sempre insieme, questo è il segreto). Andare a casa di un amico, essere ricevuti con grande calore e ospitalità, mangiare cose genuine, parlare, poi presentare l'ospite "illustre", in questo caso Pasquale Innarella, musicista jazz proveniente da Lacedonia, nostro nobile (e oggi troppo "abbandonato") paese, è una cosa che non solo fa piacere ma persino commuovere. Se poi la serata si svolge così: presentazione del video di lavoro di Innarella a Roma, spostamento nella Casa Museo di Pietrantonio a pochi metri per l'inaugurazione (naturalmente si parla anche di ironica inaugurazione, con una simpaticissima mamma Arminio), presentazione delle opere scultoree di Pietrantonio con interessante dibattito lampo, poi recital del duo Franco Arminio - Pasquale Innarella fatto di poesia e sax accanto al caminetto accompagnati da panzerotti alle castagne; quindi ritorno nella casa madre dove si proietta il nuovo video di Franco "Scuola di paesologia" con la musica improvvisata in diretta da Pasquale. Poi ancora commenti e battute e nuovi progetti per il futuro "comunitario" e non. Dulcis in fundo, persino un piacevole e forse "troppo maturo" dibattito in notturna, introdotto da Michele Ciasullo. Verrebbe quasi da dire: ma che volete di più di questi tempi?In quale partito o associazione si riesce a mettere in piedi un esempio così alto di politica (è davvero l'unico nome appropriato che mi viene, tutti gli altri sarebbero inadeguati)? p.s. : c'è sempre qualcuno che ti chiede, poi, il perché delle cose: perchè si fanno, a che servono, qual'è l'obiettivo. Penso che dobbiamo imparare ad uscire dall'alienazione, dalla fuga dalla realtà. A Bisaccia ci sono state cinque ore piacevoli e ricche, su cui certo si può discutere oltre a farne patrimonio di memoria.Il resto viene davvero dal maligno, cioè dalla nostra falsa coscienza. Ma dov'è quel tale che insegnava: "a ciascun giorno basta il suo affanno" ? Con affetto _ Michele Fumagallo
Splendide occasioni ... Quanto alla serata di ieri a Bisaccia, non spetta a me parlarne. Posso solo dire che il mio impegno sarà sempre focalizzato nell’inventare insieme ad altri queste splendide occasioni di “comunità provvisoria”. Buona Anno _ f.a.
CLICCA per VEDERE i VIDEOCLIP di Bisaccia _ a.v.






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