1 marzo 2007

Irpinia e città lineari

in PresS/Tletter n.11 2007 (marzo 2007)
Purini, Guarini, Librizzi, Cosenza, Janni, Adami, Cogliandro, Piumelli, Diffuse, Sambo
Irpinia e città lineari
L'intervista di Verderosa -presst/letter n°8- (febbraio 2007) suppone un atteggiamento nostalgico nei confronti di una realtà (Irpinia anni '80) che certo non era il massimo, anche dal punto di vista dell'abitare. I centri storici, arroccati su colline, senza collegamenti stradali, pressochè isolati da tutto, erano fatti di case di pietra di cattiva qualità (non a caso sono venute giù quasi tutte), prive di qualsiasi confort, (spazi adeguati, riscaldamento, areazione). Gli abitanti decisero di abbandonarli per nuove residenze, perchè le loro condizioni di vita erano veramente primordiali. In casi, a dir il vero abbastanza rari, vivevano ancora insieme ad animali ed in antri scavati nel tufo.In Irpinia, per la ricostruzione del dopo sisma del 1980, è mancata soprattutto la cultura della modernità: ognuno ha pensato al suo piccolo, la casa da ricostruire, il progetto da realizzare, il paese da rifare, i voti da conquistare, senza un processo organico di ricostruzione, in cui prevalesse una visione complessiva delle cose da fare: ovvero una visione urbanistica allargata ad un territorio che non poteva essere il semplice ambito territoriale comunale.Alla fine degli anni '80, si è parlato di una città lineare, che lungo la valle dell'Ofanto, da Calitri, fino a Lioni, comprendesse dei frammenti metropolitani, atti a configurare una realtà urbana, dotata di funzioni urbane superiori. Il progetto è ancora nascosto nei cassetti della nostra Comunità Montana. L'idea poteva essere quella vincente, ma bisognava superare i localismi, fortissimi allora e fortissimi ancora oggi. Eppure questa città lineare sta prendendo corpo, ma al di fuori di un necessario processo di programmazione. I centri commerciali che stanno aprendo hanno reso possibile questa realtà incompleta e frammentata, facendo molto di più di tanti studi commissionati, ma mai attuati. Adesso che la gente ha ripreso ad emigrare, si sente il forte bisogno di rilanciare quest'idea, configurando un'ipotesi di città lineare, non necessariamente dotata di spazi costruiti, anzi fatta soprattutto di vuoti, dotata, ad esempio, di reti di comunicazioni wi-fi, centri di conoscenza e di ricerca, spazi per il tempo libero e lo svago. Una città sovraregionale, che parta da Candela, nei pressi dell'autostrada Napoli-Bari ed arrivi a Lioni, dove si innesta il collegamento per la Salerno Reggio Calabria. I centri storici, da questa spina dorsale urbana, riceverebbero linfa vitale, chiaramente se ad essa fossero adeguatamente collegati.La città lineare, disposta lungo la valle dell'Ofanto, non dovrebbe essere basata sulla residenza, dovrebbe avere come sistema portante la rete di comunicazione stradale e ferroviaria, già esistente, opportunamente potenziata, innervata da poli dove si concentrano i servizi e dai cui i diramano i collegamenti con i paesi circostanti. Una città multicentrica, una specie di polipo a più teste, con tanti tentacoli che rendano possibili gli agganci con le realtà metropolitane circostanti e renda completa e autonomo il sistema delle aree industriali costruite dopo il terremoto del 1980.La città lineare ha precedenti storici illustri: la ciudad lineal di Arturio Soria, esposta per la prima volta, a Madrid, nel lontano 1882. L'ingegnere spagnolo proponeva un'alternativa radicale: “Il tipo di città quasi perfetta sarà quella estesa lungo una sola via, con una larghezza di 500 metri, e che si estenderà, se necessario da Cadice a Pietroburgo, da Pechino a Bruxelles”. Parole profetiche, anticipatrice dei corridoi di cui si parla in Europa, per connettere l'ovest Europeo all'est.L'idea della città lineare sarà sviluppata dalla generazione successiva a quella di Soria, partendo dal rapporto residenza-lavoro; sarà riproposta negli studi teorici dei Tedeschi negli anni venti, sviluppati e applicati nel decennio seguente in Russia e nella citè linéaire industrielle di Le Coubusier. Tali studi si svolgevano in contemporanea o successivamente allo sviluppo della rivoluzione industriale; prendevano inizio dal problema della residenza e dal rapporto di essa con le aree industriali. Attualmente, occorre tenere presente della dimensione globale in cui la pianificazione urbanistica si svolge e della fase della post-industrializzazione, in cui predomina la produzione e il trasferimento di beni immateriali. Manco a dirlo, questa idea presuppone un atteggiamento orientato al futuro, che si ponga alle spalle ogni nostalgia di un tempo assolutamente privo di fascino, ma che spesso viene rievocato a sproposito. Arch. G.Piumelli-Calitri-Av

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