23 novembre 2007

per non dimenticare

UNO SPARTIACQUE STORICO - Sono ormai trascorsi 27 lunghi anni dal terribile sisma che il 23 novembre 1980 rase al suolo alcuni centri dell'Alta Irpinia e della Basilicata, cancellando intere famiglie, decimando e stremando le popolazioni locali. Si trattò di un immane cataclisma, le cui rovinose conseguenze non furono causate solo da elementi naturali, bensì pure da fattori di tipo storico-politico e antropico-culturale. Ricordo che nei mesi immediatamente successivi alla catastrofe, non furono pochi gli osservatori e gli analisti politici che si spinsero a formulare l'agghiacciante ipotesi di una vera e propria "strage di Stato". La furia tellurica investì in modo traumatico e devastante le comunità di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania, i centri più gravemente danneggiati dal sisma. Ebbene, da quel funesto giorno sembra separarci un'eternità! In tutti questi anni, le tematiche collegate al terremoto del 1980 e alla ricostruzione post-sismica sono state oggetto di validi e complessi studi, inchieste e approfondimenti, condotti e pubblicati anche su blog e siti Internet (naturalmente sono state scritte anche scempiaggini). Per cui sembrerebbe che non ci sia molto da aggiungere. Invece, credo che valga la pena di spendere qualche frase in occasione delle consuete e rituali commemorazioni, celebrate nel 27° anniversario del triste evento. Per gli abitanti dell'Alta Irpinia, in modo particolare per i cittadini di Lioni, Sant'Angelo dei Lombardi e Conza della Campania (i tre Comuni più disastrati dell'area del cratere) il terremoto del 23 novembre 1980 ha costituito indubbiamente un avvenimento luttuoso, per cui quel giorno non rappresenta una data qualsiasi del calendario, ma segna un vero spartiacque storico-cronologico e antropologico-culturale. Equivalente all'11 settembre 2001 per gli Americani, oppure all'anno zero, ossia all'avvento di Gesù, per i cristiani. L'espressione "data-spartiacque" indica anzitutto che, a partire da quel momento storico, la nostra vita quotidiana è radicalmente mutata sotto ogni profilo. La realtà delle nostre zone si è trasformata visceralmente sul versante economico e sociale, persino a livello psicologico ed esistenziale, facendoci letteralmente regredire sul piano antropologico e culturale. Il terremoto ha straziato le nostre vite, turbato le nostre emozioni e percezioni, segnando profondamente le nostre menti, i nostri stati d'animo, la sfera interiore degli affetti e dei sentimenti più intimi, perfino i nostri istinti più elementari. Il cambiamento, inteso come imbarbarimento, si è insinuato dentro di noi, negli atteggiamenti e nelle relazioni più comuni, penetrando fino in fondo alle viscere della terra. Una terra sempre più infetta e corrotta dall'inquinamento chimico-industriale, avvelenata dai rifiuti e dalle scorie d'ogni genere. Così pure l'aria e l'acqua, che un tempo erano assolutamente pure e incontaminate. Ciò che invece sembra mantenersi perennemente intatto, immutato e quasi indisturbato, è l'assetto del potere politico-clientelare che continua a ricattare i soggetti più deboli e indifesi, a condizionare la libertà di scelta delle coscienze individuali, influenzando gli orientamenti elettorali dei singoli, vale a dire di vasti strati della popolazione. Pertanto, al fine di non dimenticare l'immane tragedia collettiva che 27 anni or sono fece precipitare nel lutto più doloroso ed insanabile le comunità dell'Alta Irpinia e della Basilicata, concludo citando un celebre aforisma: "UN POPOLO SENZA MEMORIA E' UN POPOLO SENZA SPERANZA E SENZA FUTURO". lucio garofalo

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