21 dicembre 2007

dedicato ai provvisori che ...

Dedicato ai provvisori che vogliono cambiare il mondo ___ ____ ___ Non si può pretendere che il grado di adesione ad un’occasione sociale sia uguale per tutti coloro che dell’occasione sociale sono chiamati a far parte. C’è chi vi partecipa con fervore quasi religioso, chi si piega volentieri alla logica collettiva, chi sta più sulle sue, chi addirittura vi partecipa da contrariato non dimenticandosi mai di manifestare la propria distanza mentale dall’evento. // C’è, poi, chi, partecipandovi, investe qualcosa di sé e presto si accorge di non esserne premiato abbastanza: chi si fa triste col tempo che passa, non si sente amato, vede altri amati e vi si confronta. Per esempio, allorché si sente escluso dai rituali di quel corteggiamento che di ogni festa è elemento costitutivo – escluso per il proprio ritegno o perché non si piace a sufficienza per piacere ad altri. // C’è un sapere comune che emerge da queste situazioni, cui possiamo attingere in radi momenti di bisogno e su cui, comunque, entro certi limiti di buon senso, possiamo anche contare, ma è anche vero che questo sapere, come un’altra faccia della stessa medaglia, implica anche un dovere. Parola per parola, azione per azione, tutto questo patrimonio che ci fa riconoscere in un noi collettivamente inclusivo, costituiscono anche quel quadro ideologico in virtù del quale le cose del mondo vanno come vanno. Sono modelli di comportamento, prontuari di contegno, imperativi, gerarchie, quieto vivere, ubbidienze nell’inconsapevolezza. Un tesoro di falsa coscienza che significa tutta la nostra subalternità al potere. // Se, da un lato, possono costituire il passaporto per la comunità, dall’altro costituiscono il banco di prova di una prima subordinazione. E chi allo stato di cose del mondo si oppone con tutte le sue forze si trova sgomento di fronte alla scelta: partecipare o no, come partecipare, manifestare la propria opposizione con la conseguenza di un’esclusione o uniformarsi, riconoscersi e accettarsi con il rischio o forse la certezza di accettare nell’umanità altrui anche ciò che la disumanizza ? // il giardiniere

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo scrivere a "NICCHENAIME" anonimato veramente non fa per me, sapete? Quando parlo con una persona dico subito chi sono, cosa faccio, eccetera. Parlare con un nicchenaime è come parlare con uno che gioca a nascondino e io questo gioco l'ho dimenticato. Qui mancano volti , occhi e la virtualità diventa un gioco di dissertazione (forse buono per colmare il tempo della solitudine). Di questo passo si diventa sordi e ciechi. Ad esempio tu giardiniere chi sei? che fai? da dove digiti? che proponi? Meglio farsi una conversazione in treno con uno sconosciuto e contrabbandare se stessi a viso aperto.Qui occorre percepire oltre le parole l'essenza di esser connotati e veramente questo gioco non fa per me.

Anonimo ha detto...

chissà come sono belle le rose che coltivi giardiniere!

Anonimo ha detto...

ancora una preghiera: gli alias o nickname o nicchenaime possono al limite andare bene nei commenti; per favore i POST VANNO FIRMATI. grazie

Anonimo ha detto...

caro giardinere mi interessa la foto da te pubblicata nel post. di cosa si tratta ? perchè l'hai abbinata al tuo scritto ?

Anonimo ha detto...

caro angelo, appena ti incontrerò, visto che ci conosciamo da parecchio tempo, ti darò foto e spiegazioni
Saluti!