8 novembre 2007

Cairano: il paese degli assenti

Alla fine dell'ottocento erano poco meno di duemila abitanti. Ai tempi del terremoto dell'ottanta erano quasi mille persone. Adesso ne sono rimasti trecentonovantuno. In queste cifre sta tutta la storia di un paese antico (fu abitato fin dall'età del ferro, essendo situato in una zona di transito tra il Tirreno e l'Adriatico), una storia di un lento e forse inesorabile processo di estinzione. __
Cairano è una palestra ideale per le mie esercitazioni paesologiche. Per me venire qui è come visitare un vecchio zio. Adesso non ho vecchi zii da visitare, nella mia famiglia si muore presto. Ci vengo almeno un paio di volte all'anno. Andare in un paese è come andare a teatro, teatro a
cielo aperto, con la recita muta dei muri, dei lampioni, delle porte chiuse, con gli sguardi dei vecchi, le loro parole ansiose di un ascolto, e poi un gatto che attraversa la strada, una macchina
parcheggiata, tutte cose singole e spaiate che s'impongono all'attenzione perché non sai che fare, perché non puoi stordirti con la patina dell'eccezionale. Vado veloce verso la mia meta in un pomeriggio dal polso leggero. La luce si sparge senza peso. È il nitore di settembre che dà a questi luoghi una malinconia ad acquerello, lontana dai cupi castighi dell'inverno. All'improvviso mi viene in mente che mio nonno veniva da queste parti a raccogliere le more. Rallento. Eccole. Il ciglio della strada è pieno di rovi. C'è un'intensa serenità dentro queste piante disordinate e questi frutti che non vengono dai rami, ma da una furia di spine. Il mio respiro quasi si fa lieto, ma è un po' turbato dalla visione di una lapide di una persona morta sul lavoro, anno 1961. Potrei indugiare ancora, cucire la mia carne all'aria di questa bella campagna. C'è sempre qualcosa che mi sbilancia in avanti, è l'impazienza di arrivare a destinazione pur sapendo che non mi aspetta
nessuno. __ Le prime che incontro sono due ragazze incuranti della linea. Una mi dice che lavora alla fabbrica di pantaloni a Conza. Otto ore al giorno, seicento euro al mese. Non vuole dirmi il nome, forse ha paura di perderlo il suo lavoro e non sono tempi in cui gli sfruttati hanno
qualcosa da opporre agli sfruttatori. __ Conversazione con Tonino, impiegato comunale e animatore della Pro loco che mi parla delle difficoltà a organizzare la festa dell'aria che
utilizza la cima aguzza del paese per i lanci acrobatici. Mi fa vedere il DVD dove hanno riprodotto una commedia teatrale dei ragazzi del posto. Gli pare un segno di speranza. Intanto gli chiedo di dirmi chi è rimasto, cosa è rimasto. Qui è tutta una faccenda di piccoli numeri: due bar, un alimentari, una merceria, un negozietto di articoli da regalo, un tabaccaio, un forno (ma molti il pane lo vanno a comprare fuori) cinque impiegati comunali, due ingegneri, un architetto, un geometra, un insegnante, quattro impiegati Asl, un falegname, una decina di contadini, una ventina di studenti, centosessanta pensionati. Visto che ci siamo posso aggiungere altre curiosità e notizie. Bevanda più venduta: birra peroni. Cognome più diffuso: Bilotta. Altitudine sopra il
livello del mare: 770 metri. Distanza dal Avellino: sessantotto chilometri. Cairano ha dato i natali al musicista Carlo Di Marzio, all'educatore Eugenio Molossi, ideatore del "Regolo Molossi", sistema educativo per non udenti e non vedenti, al giurista Michele De Stefano e al sacerdote esorcista Don Leone. Nativo del luogo è Franco Dragone, emigrante di successo. Stanno altrove anche il sindaco, Salvatore Mazzeo, che fa il medico a Napoli, e il vicesindaco che vive a Lioni e
ha moglie e figli in Francia. Ogni volta che arrivo nella piazzetta ricavata dal tetto di una
palazzina è un ex imprenditore edile che mi racconta la storia di una disavventura che ha avuto con un mio compaesano. __ Il barista Angiolino Arace fa sempre le stesse battute. __ Qui si vive con la carta copiativa e poco importa se il segno è sempre più sbiadito. __ Anche Pietro Schettino è uguale a come l'avevo lasciato. Si accudisce da solo nonostante abbia quasi novantacinque anni. Non è l'unico. Prima di arrivare a casa sua, accolto dal televisore ad altissimo volume, avevo provato un po' di pena vedendo una vecchina che ascoltava Radio Maria. __ Zio Pietro mi racconta la stessa storia che mi ha raccontato l'anno scorso. La moglie fu colpita da un ictus che lui chiama semplicemente ics. Sostiene che il medico del paese non abbia fatto molto per
aiutarla. Non so che dire, certo il medico a Cairano pare un problema più che un punto d'appoggio. Ne parlano come uno scorbutica. Recentemente ne è arrivato un altro sempre da un paese vicino, ma pare che non sia l'ambito entro cui può operare e quelli che avevano cambiato
adesso devono tornare indietro. __ Morale: più che di medico condotto si deve parlare di medico coatto. __ Zio Pietro è sempre stato qui, i suoi quattro figli sono emigrati e due di loro nonostante che stanno a Roma non si fanno vedere da anni. Si lamenta dei suoi figli, avrebbe voluto sistemarli meglio mettendo a frutto le sue conoscenze. Lui era l'unico comunista del posto, punto d'appoggio per tutti i comizianti che predicavano la riscossa degli umili e degli oppressi. __ Bassolino è stato a casa sua molte volte e ha conosciuto anche Giglia Tedesco e Giorgio Napolitano. Comunque nonostante l'assidua militanza non è stato mai eletto. Cairano era la
prova lampante che più un posto era misero e più la Democrazia Cristiana faceva il pieno dei voti. __ Torno al bar di Arace. Cerco di animare la conversazione tra i presenti. Il più tonico è uno che fa il vigile urbano. Ci tiene a dirmi che il paese è bene amministrato, poi mi fa sapere che la scuola elementare da poco ultimata è stata dichiarata inagibile e i pochi allievi sono ospitati nel Comune. __ Chiedo all'impiegato notizie del progetto di Borgo biologico di cui il sindaco mi aveva parlato una decina d'anni fa. Ancora non è successo niente mi dice. __ Alla fine della mia giornata incontro la figlia dell'animatore della Proloco, una bellissima quindicenne. Mi dice che non vede l'ora di andarsene. Anche se non ha l'aria di una che sogna di fare la velina, pensa che per lei non c'è futuro nel suo paese. Io sento che non c'è futuro da nessuna parte, ma questa è un'altra faccenda. ____ Franco Arminio (da "altre campanie" corriere del mezzogiorno)

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