15 dicembre 2007

La neve e le macchine

Ieri sera, come mia personale tradizione, sono uscito quando ho visto la neve che incominciava a cadere. Erano circa le 19.30: esco due volte la settimana a quell’ora il martedì ed il venerdi per andare a correre. Generalmente devo lottare contro le macchine ed il traffico. Per la strada vedo normalmente solo scatole di latta e nessuno o pochi umani a vivere le strade del paese.

Questa volta vedevi macchine bloccate, parcheggiate ai bordi della strada perché impossibilitate a procedere la marcia, persone che stavano montando le catene e persone che, come me, hanno deciso di farsi un giro per il paese a godersi la neve, le luci, il freddo irpino.

Con immensa meraviglia da parte mia con parecchi sconosciuti ci siamo salutati e sorrisi, come forse normalmente accadeva un tempo forse, abbiamo vissuto frazioni di attimi di umanità.

Come dicevamo con Enzo Maddaloni al telefono, oggi c’è un grosso bisogno di umanità per chi non vive forme di socialità che non siano la chiesa, le bocce, i partiti politici, ognuno preso da se stesso e dal proprio vuoto e dal piacere di crogiolarsi nel Male.

Invece ognuno di noi capisce che, o in mezzo la strada durante una tempesta di neve o nella Comunità Provvisoria o nel Partito o nella Chiesa o in famiglia, non esiste salvezza e benessere per l’individuo che non sia salvezza comunitaria.

Vi lascio con due frasi che mi hanno fatto riflettere di un famoso teologo tedesco che oggi succede a Pietro. Il testo integrale dell’opera ve l’ho lasciato in un altro post. Quanto meno riflettete su queste frasi e ditemi se non riflettono lo spirito di cui anche la Comunità Provvisoria vorrebbe dotarsi.

“ E cosi la “redenzione” appare proprio come il ristabilimento dell’Unità, in cui ci ritroviamo di nuovo insieme in un’unione che si delinea nella Comunità Mondiale dei Credenti”

“ Questa vita vera,verso la quale sempre cerchiamo di protenderci, è legata all’essere nell’unione esistenziale con un “ popolo” e può realizzarsi per ogni singolo solo all’interno di questo “noi”. Essa presuppone appunto l’esodo dalla prigionia del proprio “io” perché solo nell’apertura di questo soggetto universale si apre anche lo sguardo sulla fonte della gioia, sull’amore stesso”.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

non chiediamoci perchè la neve ci rende migliori, altrimenti si rischia che l'incantesimo non funziona più...
gaetano amato

Anonimo ha detto...

Ciao Antonio.
Ho letto il tuo post minimalista ed esistenzialista, e confesso che mi è piaciuto. L'ho trovato semplice, schietto, ma nel contempo suggestivo e persuasivo. Mi permetto di formulare una breve chiosa per commentarlo ed apprezzarlo. Ho condiviso pienamente il tuo riferimento al desiderio esistenziale di calore umano, di solidarietà morale e di comunicazione interpersonale: "un bisogno di umanità - chiarisci nel tuo post - per chi non vive forme di socialità che non siano la chiesa, le bocce, i partiti politici."
Il tuo è un richiamo garbato, diretto e profondo, a quei valori umani e sociali che si sono persi e sgretolati, direi alienati nel senso etimologico del termine, vale a dire resi alieni, estraniati dalla nostra condizione sociale, e che purtroppo sono difficili da recuperare, presi come siamo da un perverso e micidiale ingranaggio di fabbricazione e consumo che ci attanaglia e ci stritola, impedendoci di pensare, di progettare una felicità comune, di godere e vivere pigramente, lentamente, oziosamente, i piaceri e le gioie della vita.
Occorre fermarsi, (ri)prendersi una lunga pausa di riflessione esistenziale e politica, per riscoprire la propria umanità, per riappropriarsi degli spazi di autentica vivibilità e di convivenza sociale. La democrazia e la libertà sono diritti nulli ed insignificanti, se non vengono esercitati ed applicati nella realtà concreta, nella prassi politica quotidiana, nel vissuto particolare delle nostre piccole comunità locali, laddove è ancora possibile una vita a misura d'uomo e laddove è non solo possibile, ma altresì necessario, costruire e realizzare un processo di autentica democrazia diretta e partecipativa.
Ti saluto,
Lucio Garofalo

Anonimo ha detto...

E' vero, la neve, coprendo tutto col suo candore, riesce a rendere aggraziati persino i cumuli di spazzatura sulle nostre strade... Ahinoi, che abbiamo bisogno di illusioni per non vedere! Condivido il tuo desiderio di comunità, Antonio, fino a che non tiri in ballo l'enciclica: perdona la mia inossidabile repulsione, ma perché bisogna essere credenti per far parte della comunità mondiale? Io all'unità con gli altri ci penso benissimo da sola, senza che i portatori di una credenza pretendano di darmi patenti di autenticità. Con simpatia ugualmente inossidabile
Carla

Anonimo ha detto...

Cara Carla,
il mio richiamo al grande Joseph solo perchè lo "frequento" negli ultimi tempi. Se lo dici tu sei lo stesso credibile. La comunità esiste indipendemente dal fatto che esistano differenze: anzi le differenze sono la sua essenza. Per questo stimo te che sei di sinistra stimo gli amici centristi e stimo gli atei come i cattolici. Per essere comunità vera non basta incontrarsi, serve unirsi di fronte ad un'idea che sia certo forte ma soprattutto vera e non suscettibile del passare del tempo. Quella comunità che si aggreghi attorno ad idee transeunti corre più che un rischio, una certezza: quella di sgretolarsi. E noi invece vogliamo stare insieme. Carla ti voglio bene, nonostante il tuo anticattolicesimo, nonostante tu sia di Avellino.... scherzo una battutaccia!

Anonimo ha detto...

Mio caro "avversario", quello che mi divide (fra tante altre cose) dai credenti è la persuasione di potere, come scrivi tu, trovare un'idea vera. Scontiamo ancora la presunzione platonica del monismo. Io la vedo del tutto diversamente: per me il vero non c'è, ce ne sono tanti, e nessuno mi potrà convincere del contrario, meno che mai chi si ritiene rappresentante di dio in terra.
Con immutato affetto
Carla

Anonimo ha detto...

Carisismo Antonio, sono belle le tue osservazioni, genuine, sane, al punto da appartenere a quell'impalpabile senso della vita che abbiamo smarrito lungo un percorso spesso reso difficile da chi, come noi, anche se in forme diverse, vive la nostra stessa avventura ma non lo sa, perché se lo avesse capito sorriderebbe alla vita come fai tu, sorriderebbe al gesto semplice e grande di un sorriso dispensato senza averlo richiesto, ad un buon giorno scandito senza sapere da chi e per cosa, a chi vedi che lungo la difficile strada della vita si è perso ed ha bisogno anche del tuo aiuto, piccolo per noi a volte grande per altri, sorriderebbe anche ad un fiocco di neve caduto dal cielo, come in questi giorni, che magari ci porta il bacio di un angelo. Ciao a presto.Domenico Cambria

Anonimo ha detto...

Caro Antonio,
rispondo con ritardo al tuo pezzo nevoso.
Rimando un commento sul "nuovo senso e ritmo da dare alla nostra esistenza", mi pare fosse questo il nucleo del tuo scritto, a un'altra volta.
Mi premeva invece ricordare a te, cattolico fervente (si dice così?), che Joseph, come tu lo chiami, non è il discendente di Pietro, essendo la chiesa di cristiana memoria altra cosa, e cioé l'unità degli amici, poveri, che si spogliano di tutto per amore degli altri e soprattutto delle "pecore perdute della casa di Israele". Quella è e sarà sempre la chiesa cristiana. Il resto è un'altra cosa.
Per essere chiari, e stare ai parallelismi storici, Joseph è il discendente di Caifa. Che c'entra il povero Pietro?