23 maggio 2007

feste e rifiuti in campania

dal corriere della sera 22.5.07 “calendario” a cura di ernesto galli della loggia
FESTE e RIFIUTI
Quante mostre a Capodimonte saranno necessarie?
Quante ammuine carnascialesche con concerti oceanici a piazza Municipio? Quanti convegni dell’avvocato Marotta e del suo Istituto di studi filosofici sul sempiterno ’99, prima di cancellare dalla mente dei telespettatori di tutto il mondo l’impressione suscitata dalla vista, amplificata dai tg di cinque continenti, di Napoli sopraffatta dai rifiuti?
A che servono i tantissimi miliardi spesi in tutti questi anni per le “feste” per la “cultura”, quando poi nelle cose più elementari non si riesce a essere una città europea?
Ma non nascondiamocelo: Napoli è solo un emblema dell’Italia: un Paese senza acquedotti né metropolitane, con servizi di trasporto urbano che fanno schifo, periferie degradate, ma che in compenso ha schiere di assessori, e ahimè di intellettuali, con la fregola dell’ ”immagine”, della “notte bianca”, dell’”estate”, del “festival di qualcosa”, pur di non pensare a ciò che innanzitutto conta.
amari saluti, angelo

MI CONGRATULO CON TE: FINALMENTE SONO RIUSCITO AD INIETTARTI IL VIRUS
PER UN SANO FASCISMO. MA FINO A QUANDO QUEL PIRLA DI GIACOBBE CONTINUERA' A VOTARE QUEL PECORAIO DI PECORARO, NAPOLI CONTINUERA' A STARE NELLA FETENZIA. CI VUOLE UN NUOVO '99, MA SENZA MAROTTA.
VIVA IL REGNO DI BASILICATA!
giuseppe

...... PAROLE SACROSANTE CHE DOVREBBERO UMILIARE TUTTI NEL PROFONDO, MA CHE RIMEDIO PORRE AD UNA TALE SITUAZIONE QUANDO NESSUNO VUOLE DISCARICHE, NESSUNO VUOLE SVERSATOI E TUTTI CONTINUIAMO A PRODURRE SEMPRE PIU' RIFIUTI? RASSEGNAMOCI, IL MONDO HA PRESO ORMAI UNA BRUTTA PIEGA E SAREBBE GIA' TANTO LIMITARE I DANNI RALLENTANDO IL DEGRADO, CON LA SPERANZA CHE SIA NOI CHE I NOSTRI FIGLI POTREMMO UN DOMANI, SPERIAMO IL PIU' LONTANO POSSIBILE, PASSARE A VITA MIGLIORE IN MODO NATURALE.
CONSOLIAMOCI NEL GIROVAGARE NELLE POCHE CAMPAGNE ANCORA VERGINI DELLA NOSTRA PROVINCIA CHE IN QUESTO PERIODO REGALANO SENSAZIONI D'ALTRI TEMPI
UN SALUTO ALTRETTANTO AMARO, GERARDO


Condivido amaramente sillaba per sillaba tutto quanto da te riportato, purtroppo!!!
Cari saluti a te e un bacio ai tuoi figli.
p.s. Fra poco comincia la stagione balneare. Ti aspetto per un giorno gioioso. Ciao Silvio.


ciao angelo
quando sei da queste parti ti aspetto sempre con piacere
ciao peppe

Napoli é Napoli. Lo dico da non napoletano, ma da chi ha trascorso e vissuto Napoli negli anni universitari. Altra cosa è chi governa Napoli e la governava. Per la situzione attuale e cronica della "munezza" dobbiamo ringraziare il caro "compagno" Bassolino già governatore e commissario straordinario. Poi in riferimento alle belle serate impastite e ai soldi spesi e che potevano essere spesi diversamente, posso essere daccordo parzialmente. Anche noi, per fare un esempio, spendiamo a dismusura quando c'è chi non ha ne da mangiare e bere. ciao, Antonio

20 maggio 2007

Alamaro al GOLETO

Alamaro al GOLETO
Caro Pino, La PresS/Tletter in Italia è letta da tantissimi professionisti, tecnici e non,
ed ha una diffusione superiore sia a molti quotidiani che a tante riviste di settore patinate e stampate. Il Prof. Alamaro ha visitato il Goleto, ha intervistato Fr. Wilfrid Krieger ed ha scritto un articolo (sfizioso) - Allego lo stralcio pubblicato sulla rivista

INTERMEZZO
Festa della Mamma “Architettura” è stata nei secoli generosa e prolifica Mamma di tanti figli d’arte, molto meno oggi: troppe pillole e preservativi normativi in giro, paura dell’accoppiamento e del meticciato creativo, scarsa applicazione e ridotta partecipazione fecondante. E poi i figli d’arte dell’Architettura d’oggi chi li cresce? Chi li nutre? Anche se Tutti so’ (e restano) «Piezze ‘e core»! Per dare un segnale in contro-tendenza (adda passà ‘a nuttata!), in occasione della Festa della Mamma dell’Architettura Irpina (MAI), c’è stata sabato scorso una simpatica “visita guidata” organizzata dall’A.N.A.B, (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica), con in testa l’architetto Angelo Verderosa, un cognome che di per sé è già un programma di bioecologia (vedi “Intermezzo” di PresS/Tletter n. 16/2007, ndr).Non c’è spazio e tempo per dire di tutta la festa della Mamma Architettura Irpina; ci limitiamo pertanto alla tappa nell’Abbazia del Goleto, famosissima ed assoluta, fondata da San Guglielmo di Vercelli nel 1135, oggi Santo protettore degli Irpini, ballerini sulla faglia mediterranea. Siamo in mano a Lui (e a lei, alla faglia)! Prima della visita c’è stata “la lezione”, cioè una relazione con videoproiezione sul cosa si è fatto (e cosa si sta facendo ancora) per il restauro e recupero del Goleto. Si entra pertanto in “zona rossa”, temi delicatissimi sull’idea (e pratica) del “restauro sostenibile” (da tutti i punti di vista, teorico, oltre che sociale); si va di filato nel rapporto che passa tra Storia, restauro e tecniche dolci & eco-compatibili; in tanti argomenti scottanti nei quali l’architetto Verderosa ha il merito di entrare non dalla porta alta ed accademica, ma da quella bassa e pratica di “architetto di cantiere”, qual egli si dice con civetteria, con un grande amore per il fare, per il “come si fa” e si inventa la soluzione “giusta”. E’ da questa soglia applicativa della “porta di servizio” (e di buoni servizi d’architettura) che egli comunica con simpatia e umiltà la sua esperienza di cantiere al Goleto, le schede di lavoro, i successi e le difficoltà, finanche accenna alle fasi drammatiche del cambio di Soprintendente referente: “il subentrato” espresse un giudizio negativo sul restauro in corso, approvato dal predecessore, preferendo forse un approccio più “interventista” e notabile, sulla linea di quanto già fatto negli anni ’90 per l’ala del convento maschile (il Goleto era infatti un tipico caso di “monastero doppio”, maschile-femminile, ove i maschietti, i monaci erano minoritari e sottoposti al potere del “cristianesimo al femminile”, un tema di fondo attualissimo che, per la verità, doveva essere la chiave di volta sottesa a tutto il restauro architettonico, quale confronto di due approcci al tema, duro/morbido, leggero/pesante e/o pensante…).Mentre si proiettava un bel filmato sull’abbazia, colpo di scena perché entra Padre Wilfred, un frate tedesco di Colonia che da 17 anni è al Goleto, nella comunità “Jesus Caritas”. Un applauso spontaneo – è molto popolare e stimato – e prende la parola: dice che il Goleto è un luogo di “accoglienza del profondo”; che le pietre parlano se le sai ascoltare per poi “restaurare” il mistero che vi è racchiuso dentro, come in un’urna; che bisogna restaurare quindi primariamente il Silenzio che c’è dentro le rovine, le ferite architettoniche: questo il punto chiave per un giudizio sulla qualità dell’opera in corso; restaurare con amore l’immateriale, il mistero, la cui radice greca è appunto “silenzio”, (“fare” quindi un restauro silenzioso e senza sensazionalisti, senza «strapp», dice nella sostanza). “Non posso scassinare la parola di Dio”, continua “ma posso mettermi umilmente in un percorso di ascolto”… l’architetto del luogo si è messo in ascolto della voce di Dio (da restaurare) e forse l’ha intercettata, pare, il Beato Verderosa (sempre sia lodato, mai lordato!)Intervengo a sorpresa, “intervisto” al volo il giovane frate, che simpaticamente sta al gioco: gli domando della differenza che ha riscontrato, come utente del Sacro, tra due “stili”, due approcci al restauro del Goleto (tutto il mondo è Tv per cui il pubblico partecipa molto “in diretta” e tifa, ride, applaude, coglie le differenze sostanziali, nello spettacolo odierno). Punto di fondo: Essere o apparire? Dice all’uopo Wilfred: il primo architetto, un luminare luminoso, veniva qui di corsa, appariva, indi spariva d’immenso in un baleno, colla sua corte architettonica. Più che apparire forse bisogna “Esserci”; essere ogni giorno umilmente sul cantiere, discutere di piccole cose che fanno le grandi cose, un modo di Essere….Fine dell’intervista, fine della lezione, andiamo sul posto a verificare “il mistero” del Goleto restaurato. In effetti “l’ala maschile”, quella poi adibita “dal luminare luminoso” ad uso di biblioteca, è appariscente dall’esterno, con una sequela di piramidi di vetro montate sul tetto a gradoni, ardita citazione della casa caprese di Libera per Malaparte; ma, come dicono a Napoli, la soluzione “è bella, ma non abballa”. Questo lapidario giudizio lo usano i commercianti napoletani del Mercato per dire di prodotti appariscenti ma che non funzionano, che non incontrano il gusto del pubblico “corrente”. In questo caso, mutatis mutandis, quello dei monaci e di tutti coloro che dovevano studiare nella biblioteca, oltre che dei libri stessi, i quali (mi dicono) si son (in parte) rovinati e/o danneggiati per problemi di condensa e di mancanza di ricambio d’aria, peraltro irrespirabile per scarsa aerazione. Può essere, questo della biblioteca “faraonica”, un bel giocattolo modello “venustas”, per belle pubblicazioni su carta patinata architettonica, ma pare che non funzioni, non avendo in sé la “commoditas” e la “firmitas”, due componenti base di Mamma Architettura. Altrimenti mammà dice napoletanamente “ca nun sì bbuono”! Di conseguenza pare che le belle piramidi di vetro saranno sostituite da più comuni e pratici lucernai, e che dalla Mala/parte si passerà ad una Buona/parte (della commedia architettonica nel Goleto d’oggi). Staremo a vedere. Saluti in rispettoso silenzio “restaurato”, Eduardo Alamaro

9 maggio 2007

ANAB al Goleto

ANAB (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica), Milano
Ordine Architetti della Provincia di Avellino

Programma della visita guidata del 12 maggio
Visita nel Borgo Medioevale di Castelvetere e nell’Abbazia del Goleto
dove sono stati eseguiti estesi lavori di recupero, nell’ambito dei Progetti Integrati promossi dal POR Campania / Comunità Europea.
Saranno proiettate e commentate immagini relative alle tecniche di restauro e alle innovazioni tecnologiche. La visita permetterà di riscoprire una parte eccellente del patrimonio architettonico e storico dell’Alta Irpinia che, nonostante gli interventi effettuati, è ancora alla ricerca di una piena valorizzazione turistica.
Ore 9,30 appuntamento a Castelvetere s.C. nella piazza centrale del paese
Ore 9,45 visita al Borgo di Castelvetere http://www.comune.castelveteresulcalore.av.it/ http://www.saporinelborgo.it/
Ore 11,45 spostamento verso l’Abbazia del Goleto http://http://www.goleto.it/
Ore 12,00 visita all’Abbazia e ai lavori di restauro e di recupero
0re 13,00 intervento con video proiezione dell’Arch. Angelo Verderosa
Ore 14,30 colazione di lavoro c/o il wine bar “alle Sorgenti dell’Ofanto” http://www.allesorgentidellofanto.it/
info: 0827.215122

4 maggio 2007

Letti vuoti in Irpinia

A seguito del convegno tenuto a Castelfranci,
Eduardo Alamaro ha pubblicato un intervento “Letti vuoti in Irpinia”
sia sul Corriere che nella allegata rivista di architettura on-line PresS/Tletter n.16 – 2007
Chi vuole partecipare al dibattito può scrivere una e.mail a l.prestinenza@libero.it
saluti, angelo verderosa

INTERMEZZO
Letti vuoti in IrpiniaNei dibattiti “culturali”, nei convegni scientifici, specie se specifici e tecnici, specie se svolti in sedi istituzionali e in zone “interne”, ci sono dei sicuri indicatori di gradimento del pubblico: se nessuno si è alzato dalle sedie, se alle nove della sera quel convegno annovera lo stesso pubblico iniziale delle sei del pomeriggio – tre ore intese di relazioni, di interventi, di analisi dei fatti e cose, di parole & immagini, rendiconto di quanto realizzato sul luogo – significa che quella iniziativa è stata utile, che ha colto nel segno, che ha fatto cultura; che ha allargato il perimetro della partecipazione pubblica, fornito degli strumenti ai nativi, ai cittadini del luogo.E’ quanto accaduto venerdì scorso al convegno d’architettura “Borghi, castelli e abbazie: esperienze di restauro in Irpinia”, tenutosi nella sala del consiglio municipale di Castelfranci (AV). Il successo della manifestazione è da ricercarsi innanzi tutto nei contenuti e nel tono pacato, ed al contempo implacabile, fino alla lucida denuncia, della relazione e video-proiezione del giovane architetto del luogo Angelo Verderosa (vedi “Letture d’autore” in PresS/Tletter, n. 8/2007, nda). Egli ha relazionato sulle esperienze di restauro architettonico che ha effettuato (in comunione con un articolato gruppo di lavoro), sul sistema dei borghi medievali irpini della Terminio Cervialto: il magnifico quadrilatero Castelvetere, Quaglietta, Volturara, Taurasi (castello incluso); nonché della famosa abbazia del Goleto e il museo diocesano di Nusco. Un’occasione professionale tramutata beneficamente in una proposta culturale profonda; in una esemplare offerta di metodo e di approccio non fumoso al territorio sociale alto-irpino, incluse le antiche architetture da “curare”, oggetto del pubblico incontro a Castelfranci.L’approccio dell’architetto Verderosa – coordinatore delle tecnologie e del restauro tutto – è stato infatti soft, rispettoso ma non ossequiante, umile ma al contempo ambizioso; ha dimostrato in concreto che si può fare coesione e “lavoro sociale” partendo dallo specifico professionale; è riuscito a creare un “bel clima in cantiere”, come ha affermato; ha colto un’occasione professionale – ben sorretto dalla visione non localistica della “Comunità montana Termini Cervialto” – per sperimentare un modo di stare insieme, di ricostruire in loco una speranza d’architettura, salvaguardando i legittimi intessi di tutti i soggetti, pubblici, privati e istituzionali coinvolti; sperimentando al contempo, e ciò è quello che più interessa lo specifico architettonico, non solo “pratico”, tecniche di lavoro inclusive del passato, integrate al luogo, economiche e efficaci perché rese contemporanee. Far bene con poco, il minimo è il massimo, quasi un miracolo! “Recuperando l’antica pietra del monumento, ho recuperato la nostra storia”, ha detto con orgoglio, “ho contribuito a formare nuovi maestri d’arte del luogo”; quelli di cui una volta l’Irpinia andava fiera (si pensi agli scalpellini e ai maestri della pietra di Nusco): sono le nuove maestranze alto/irpine, alla lettera, formate in cantiere, direttamente, a costo zero, con un’attenta direzione di lavoro, (sul punto vedasi “Il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia, manuale delle tecniche di intervento”, a cura di Angelo Verderosa, prefazione di Massimo Pica Ciamarra, De Angelis Editore, 2005, ndr).Quello esposto nel convegno è stato quindi un restauro architettonico (e al contempo "restauro sociale") che contiene una qualità artigianale intrinseca (e che come tale andrebbe approfondito, veicolato e pubblicizzato, come emerso dal dibattito); artigianato di tipo nuovo, inteso cioè non come fatto residuale e nostalgico di tecniche e modi del passato costruttivo ed abitativo, ma come recupero artigianale dell’uomo stesso, oltre l’uomo industriale, in una prospettiva contemporanea industriosa, straordinariamente attuale e forse neo-partecipativa. Architettura umile (e nobile) mestiere, si potrebbe dire; partire evangelicamente dalla pietra scartata ch’è diventata pietra d’angolo della costruzione (e ricostruzione) dell’Irpinia Verde/rosa; quella che ha forse avuto il coraggio e la semplicità di mettere i sentimenti dentro le cose; contro l’architettura cinica e arrogante sperimentata nei bidoni dei "frammenti urbani" post/sismici, arroganti para-utopie sopra la gente, veicolanti modelli di comportamento lontani mille miglia dal vissuto quotidiano del loco post/irpino; cose e "cosi" che si son rivelate marziane e cervellotiche, calate di brutto (alla lettera) sul territorio. Andare a parlare con quegli sfortunati abitanti per credere! (e vi prego, non recitiamo sempre il consolatorio proverbio architettonico nazionale: «‘o Presepe è bbello, so’ ‘e Pasture ca so’ bbrutte!!»; ossia, in questo caso: «il frammento (urbano) è bello, so’ ‘e cafune che so’ brutti!» Tutto bene quindi, in nell’alt(r)a Irpinia? NO, affatto!! Siamo alle solite: il restauro architettonico esposto nel convegno è parso slegato parzialmente dalla sua destinazione d’uso, ed assolutamente, nei fatti, da un convincente progetto di gestione, interno ad un concreto sviluppo socio-economico del sistema “borghi d’Irpinia”. Insomma, ancora una volta ci sono i contenitori restaurati, mancano i contenuti! son corte, o tagliate del tutto, le gambe sociali per camminare, questa l’estrema sintesi. Peccato, il gruppo dell’Irpinia Verde/rosa, battezziamola così, ce l’aveva messa tutta, ma non è detta ancora l'ultima parola. «Facciamo Presto!!!», contro il famoso e sfortunato titolo–slogan degli anni ottanta: “Fate Presto!!!”, (ed Essi fecero!, nda). Questo convegno si è concluso in un grido di dolore, ma anche di speranza della ragione. Non è stato (solo) un lamento. E’ sperabile che si applichi alla gestione del "Sistema Borghi d’Irpinia", la stessa strategia partecipativa sperimentata cn successo nel suo restauro architettonico; è indispensabile suscitare idee luminose per attrarre capitali, soprattutto umani, la più grande risorsa, onde evitare una nuova sconfitta dell’Irpinia e un nuovo sperpero di danaro pubblico, nonostante le più rosee e verde/rosee speranze. Quando son scorse sullo schermo le immagini di una sessantina di minialloggi turistici completamente attrezzati ma inutilizzati, nei borghi restaurati, veniva voglia di dire: ma a che gioco giochiamo?, Oltre alle “culle vuote”, anche i “letti vuoti”? Perché il valore culturale del monumento ben restaurato non è diventato (ancora) valore economico? Perché, a differenza dell’Umbria, regione “similare” per sisma e conformazione territoriale, molto nominata nel dibattito, l’Irpinia non decolla (ancora) nel turismo culturale e nell’architettura restaurata con pazienza e qualità? Ai posteri (e posteriori) l’ardua sentenza. Saluti post/sismici, Eduardo Alamaro (eldorado)