11 novembre 2007

caterina pontrandolfo

Teora Infuriata / comunità / al_amaro

Non è facile essere "viaggiatore d'architettura" in Alta Irpinia
Un ignoto Enzo Bonifazi di Teora è molto infuriato come me. E perché? Perché mi son permesso di esprimere, sul foglio on-line "PresS/T letter", che va settimanalmente a 15.000 architetti italiani, un'opinione sulla "sua" Teora post/terremoto. E questa opinione al Malifazi di Teora non è stata gradita. Non si sa perché, non è dato sapere. Forse polemiche locali, diciamo pure paesane, con l'attuale amministrazione. Non saprei, non so, non me ne fotte niente. ___ Mi pare il Nostro, per innestare una considerazione a Noi utile, la foto vivente della Vecchia Irpinia inospitale e montana. Arroccata su se stessa e alla fine perdente culturalmente. E da fottere soltanto. Teori e vacche da mungere, al prossimo terremoto. Alla prossima disgrazia. Magari da un intellettuale "locale" che ha studiato e sta "a Napule" (o altrove, ... a Firenze, a Bologna, a Milano, a Seattle ... in qualche attuale società di ingegneria, soprattutto sociale)!!! ___ Son certo però che è questo inospitale scritto dell'ignoto Malifazioso di Teora esprima un atteggiamento minoritario e che la bile che lo nutre non appartenga del tutto all'attuale sentimento dell'Alta Irpinia. Costretta dai fatti d'oggi a cambiare, forse suo malgrado, credo. ___ Speriamo che in tal senso la "Comunità Provvisoria" faccia qualcosa di concreto. Come pare. Qualcosa per invertire l'antica lamentata tendenza. Quella che produce soltanto autogol. Cioè che sia capace di mettere in moto cose e case comuni. Strutture di pensiero aperte, crescita collettiva glocal. Fatti che permettano ai "locali" di far percepire chi esprime un'opinione diversa, soprattutto se scritta da un "napoletano", non come espressione di un nemico da distruggere, ma come un altro da sé da rispettare. Magari modernando anche il linguaggio e le forme, cosa sempre "buona e giusta". E magari anche entrando in merito a quanto si vuole contestare. Magari anche argomentando, come si dovrebbe sempre fare civilmente. Democrazia a parte, o meglio, inclusa. __ Son certo però che, quanto da me auspicato, sarà un lungo percorso nel sociale profondo altoirpino, per i comunitari. Mi son reso conto, infatti, per esempio, in quell'unica "assemblea" dei Provvisori alla quale ho "partecipato", diciamo così, che l'antica politica basata sullo scontro, sul parlarsi addosso, sulle esclusioni, sul dare la parola all'uno o all'altro a seconda dei casi e delle opportunità; cioè tutto l'armamentario ideologico & pratico emerso dallo scorso secolo, fortunatamente alle nostre spalle, è profondamente radicato in Irpinia, e nei suoi modi di gestione, anche in "insospettabili". Ed io penso che sia un atteggiamento culturale censorio e alla fine perdente. Perché queste nostre democrazie mature, telematiche ed interrogative, Altairpinia compresa, o sono in grado di mettere in moto meccanismi che richiedono la partecipazione di tutti, dico tutti, nessuno escluso, e non è una utopia, o saranno fatalmente autocentrate ed autoritarie. Ed in Italia potremo fare solo un gran Museo del passato. E la Teora rifondata da Renna e Grassi potrà avere un ruolo significativo in questo tour. Punto. __ Concludo: la mia sensazione di simpatizzante altoirpino, di "viaggiatore in architettura"; quella che emerge anche dalla lettura delle copiosissime lettere e-mail dei "Provvisori" che mi giungono, talvolta mio malgrado, è quella fastidiosa di volersi cercare a tutti i costi il nemico di turno. Anche artificiale, pur di sopravvivere, pur di affermare se stessi. Solo burocrazia, che è il contrario di fantasia, che auspico, che amo. (E con la macchinetta-giocattolo del computer, del mondo web, molti passano la giornata a burocratizzarsi la vita scrivendo. Bisognerebbe forse riflettere di più, e scrivere di meno, solo se necessario)! __ Inutili nemici, quindi. Meglio confrontarsi con avversari. Cresciamo insieme. Atteggiamenti provinciali diffusi, in Irpinia alta o bassa, o altrove. Cose da superare, perché, per esempio, per tornare al punto, il Nostro di Teora, cosa propone? Che fare? Che vuol fare? Un convegno in loco con Sgarbi, Renzo Piano e non so chi altro!!! Magari coordinato dal lui stesso, dal Malifazioso da Teora! __ Ma si può essere così perdenti, così autogol? __ Un caro saluto, buona settimana, Eduardo Alamaro

Il disagio sociale in Irpinia

Con questo post vorrei sollecitare una riflessione critica sulla nostra realtà, per cercare di sensibilizzare le coscienze di tutti noi sulla questione del "disagio giovanile" sempre più diffuso e crescente nelle zone interne del Meridione, precisamente in terra irpina, troppo spesso considerata (erroneamente e superficialmente) come un'"oasi felice". Un pezzo dell'Italia meridionale, che in realtà rivela un progressivo imbarbarimento dei rapporti sociali e interpersonali, un pericoloso arretramento e peggioramento delle condizioni di vita dei soggetti più deboli e indifesi, in modo particolare delle giovani generazioni e degli anziani. Pertanto, intendo subito puntualizzare che la formula linguistica adoperata (ossia "disagio giovanile") è errata e fuorviante, in quanto il disagio non è legato ad una condizione meramente anagrafica. Sarebbe invece più corretto parlare di "disagio sociale", benché questo malessere investa soprattutto le "categorie" dei giovani e degli anziani, ossia le fasce più fragili e vulnerabili della nostra società, essendo più esposte alle difficoltà e alle avversità, anzitutto materiali, che l'esistenza quotidiana oppone ed impone agli esseri umani, senza offrire alcuna speranza di "salvezza" o di superamento. La scarsità di un lavoro degno di questo nome, lo spauracchio dell'emigrazione (anche per le fasce sociali maggiormente scolarizzate), il ricatto sempre più anacronistico ed obsoleto, ma tuttora vigente, delle clientele politico-elettorali, la crescente precarizzazione dei contratti di lavoro e più in generale della stessa esistenza, l'assenza di tutele e diritti: queste sono tra le cause più drammatiche, profonde e strutturali che generano ed alimentano il malessere materiale ed esistenziale dei giovani. Intere generazioni che nascono, crescono e si formano culturalmente nella nostra terra, l'Irpinia, ma poi sono costrette ad emigrare altrove, per far valere le proprie qualità e il proprio talento, per rinvenire un luogo in cui vivere decorosamente, per scoprire un ambito in cui realizzarsi non solo dal punto di vista professionale, ma anche sul piano umano e sociale. Se invece restano, sono costrette a "scelte" obbligate estremamente umilianti ed avvilenti, quali inchinarsi al solito "santo patrono protettore", oppure farsi mantenere a vita dalle proprie famiglie. Queste condizioni non sono per nulla dignitose, e in nessun caso permettono di affermare la propria indipendenza economico-materiale, ma soprattutto di pervenire alla piena autonomia sotto il profilo umano, sociale e politico. Si tratta infatti di situazioni sempre precarie e ricattabili, segnate da dolorose frustrazioni interiori. Con queste righe io intendo scagliarmi contro l'ipocrisia, l'indifferenza, l'impotenza, l'inefficienza, lo strabismo delle istituzioni locali, apatiche ed incapaci di interrogarsi seriamente per cogliere le cause reali del "fenomeno", ossia le ragioni di questa diffusa disperazione di tipo sociale ed esistenziale. Cause che sono sotto gli occhi di tutti e coincidono soprattutto con uno stato di emarginazione, solitudine e precarizzazione crescente che investe soprattutto i giovani, ma non solo i giovani. Infatti, nelle nostre zone sono tanti i disoccupati che hanno oltre 30 anni, se non oltre 40 anni, oppure tanti - e destinati ad aumentare, purtroppo - sono i lavoratori già "anziani" che si trovano senza lavoro e senza speranza dopo un licenziamento improvviso e inatteso. Per comprendere la crescente drammaticità della situazione, basterebbe citare un dato davvero impressionante ed allarmante, che dovrebbe scuotere le coscienze intorpidite di ciascuno di noi : nel 2006 il numero dei suicidi in provincia di Avellino ha superato quota 40! E il 2007, ancora in corso, non sembra (purtroppo) essere da meno. Per non parlare dell'elevato e crescente numero dei decessi dovuti ad overdose. Queste cifre sono davvero raccapriccianti ed inquietanti, e non possono non turbare la nostra sensibilità, ma soprattutto dovrebbero indurre a tentare qualche giusto provvedimento, tutti coloro che sono deputati a livello politico-istituzionale per rispondere a drammatiche "emergenze" sociali come quella dei suicidi e dei decessi per overdose, oppure degli infortuni mortali sul lavoro. Senza dubbio si tratta di problematiche tra loro distinte e separate, che esigono e comportano interventi differenziati, ma richiedono comunque un'analisi razionale, organica e totale, in grado di indagarne, comprenderne e spiegarne le cause. Ebbene, quale è la "risposta" messa in campo dalle istituzioni politiche locali? Semplice: il ricorso sistematico ed imbelle alle forze dell'ordine, all'inasprimento dei controlli (anche di tipo elettronico) e dei posti di blocco, alla repressione poliziesca, come se questi sistemi autoritari e coercitivi potessero rimediare efficacemente al malessere diffuso e dilagante nelle nostre comunità, che trae origine da altre "emergenze" e da altre problematiche sociali che ancora non hanno trovato una soluzione adeguata e razionale: la disoccupazione, la nuova emigrazione, la crescente precarizzazione delle condizioni di lavoro e di vita, l'assenza di diritti e tutele, di speranze per i tanti giovani, e meno giovani, dell'Irpinia.
Lucio Garofalo