Con questo post vorrei sollecitare una riflessione critica sulla nostra realtà, per cercare di sensibilizzare le coscienze di tutti noi sulla questione del "disagio giovanile" sempre più diffuso e crescente nelle zone interne del Meridione, precisamente in terra irpina, troppo spesso considerata (erroneamente e superficialmente) come un'"oasi felice". Un pezzo dell'Italia meridionale, che in realtà rivela un progressivo imbarbarimento dei rapporti sociali e interpersonali, un pericoloso arretramento e peggioramento delle condizioni di vita dei soggetti più deboli e indifesi, in modo particolare delle giovani generazioni e degli anziani. Pertanto, intendo subito puntualizzare che la formula linguistica adoperata (ossia "disagio giovanile") è errata e fuorviante, in quanto il disagio non è legato ad una condizione meramente anagrafica. Sarebbe invece più corretto parlare di "disagio sociale", benché questo malessere investa soprattutto le "categorie" dei giovani e degli anziani, ossia le fasce più fragili e vulnerabili della nostra società, essendo più esposte alle difficoltà e alle avversità, anzitutto materiali, che l'esistenza quotidiana oppone ed impone agli esseri umani, senza offrire alcuna speranza di "salvezza" o di superamento. La scarsità di un lavoro degno di questo nome, lo spauracchio dell'emigrazione (anche per le fasce sociali maggiormente scolarizzate), il ricatto sempre più anacronistico ed obsoleto, ma tuttora vigente, delle clientele politico-elettorali, la crescente precarizzazione dei contratti di lavoro e più in generale della stessa esistenza, l'assenza di tutele e diritti: queste sono tra le cause più drammatiche, profonde e strutturali che generano ed alimentano il malessere materiale ed esistenziale dei giovani. Intere generazioni che nascono, crescono e si formano culturalmente nella nostra terra, l'Irpinia, ma poi sono costrette ad emigrare altrove, per far valere le proprie qualità e il proprio talento, per rinvenire un luogo in cui vivere decorosamente, per scoprire un ambito in cui realizzarsi non solo dal punto di vista professionale, ma anche sul piano umano e sociale. Se invece restano, sono costrette a "scelte" obbligate estremamente umilianti ed avvilenti, quali inchinarsi al solito "santo patrono protettore", oppure farsi mantenere a vita dalle proprie famiglie. Queste condizioni non sono per nulla dignitose, e in nessun caso permettono di affermare la propria indipendenza economico-materiale, ma soprattutto di pervenire alla piena autonomia sotto il profilo umano, sociale e politico. Si tratta infatti di situazioni sempre precarie e ricattabili, segnate da dolorose frustrazioni interiori. Con queste righe io intendo scagliarmi contro l'ipocrisia, l'indifferenza, l'impotenza, l'inefficienza, lo strabismo delle istituzioni locali, apatiche ed incapaci di interrogarsi seriamente per cogliere le cause reali del "fenomeno", ossia le ragioni di questa diffusa disperazione di tipo sociale ed esistenziale. Cause che sono sotto gli occhi di tutti e coincidono soprattutto con uno stato di emarginazione, solitudine e precarizzazione crescente che investe soprattutto i giovani, ma non solo i giovani. Infatti, nelle nostre zone sono tanti i disoccupati che hanno oltre 30 anni, se non oltre 40 anni, oppure tanti - e destinati ad aumentare, purtroppo - sono i lavoratori già "anziani" che si trovano senza lavoro e senza speranza dopo un licenziamento improvviso e inatteso. Per comprendere la crescente drammaticità della situazione, basterebbe citare un dato davvero impressionante ed allarmante, che dovrebbe scuotere le coscienze intorpidite di ciascuno di noi : nel 2006 il numero dei suicidi in provincia di Avellino ha superato quota 40! E il 2007, ancora in corso, non sembra (purtroppo) essere da meno. Per non parlare dell'elevato e crescente numero dei decessi dovuti ad overdose. Queste cifre sono davvero raccapriccianti ed inquietanti, e non possono non turbare la nostra sensibilità, ma soprattutto dovrebbero indurre a tentare qualche giusto provvedimento, tutti coloro che sono deputati a livello politico-istituzionale per rispondere a drammatiche "emergenze" sociali come quella dei suicidi e dei decessi per overdose, oppure degli infortuni mortali sul lavoro. Senza dubbio si tratta di problematiche tra loro distinte e separate, che esigono e comportano interventi differenziati, ma richiedono comunque un'analisi razionale, organica e totale, in grado di indagarne, comprenderne e spiegarne le cause. Ebbene, quale è la "risposta" messa in campo dalle istituzioni politiche locali? Semplice: il ricorso sistematico ed imbelle alle forze dell'ordine, all'inasprimento dei controlli (anche di tipo elettronico) e dei posti di blocco, alla repressione poliziesca, come se questi sistemi autoritari e coercitivi potessero rimediare efficacemente al malessere diffuso e dilagante nelle nostre comunità, che trae origine da altre "emergenze" e da altre problematiche sociali che ancora non hanno trovato una soluzione adeguata e razionale: la disoccupazione, la nuova emigrazione, la crescente precarizzazione delle condizioni di lavoro e di vita, l'assenza di diritti e tutele, di speranze per i tanti giovani, e meno giovani, dell'Irpinia.
Lucio Garofalo
11 novembre 2007
Il disagio sociale in Irpinia
Etichette: irpinia, lucio garofalo
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1 commento:
Ciao Lucio,
ci inviti anche a vedere quello che c'è?
altrimenti non ne veniamo fuori
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