9 novembre 2007

DOMENICA 11 a CAIRANO

DOMENICA 11 a CAIRANO

il tempo sarà buono. questo significa che dobbiamo aspettarci l'arrivo anche degli indecisi.
dario ha annunciato la sua presenza insieme a otto amici napoletani. forse è l'occasione per aggiungere al programma la visione del nuovo video, SCUOLA DI PAESOLOGIA.

per arrivarci, info sul web http://www.comune.cairano.av.it
per i navigatori evoluti 40°53'48" lat. N 15°22'08" long. E elev. 723
punto di ritrovo: piazza dinanzi la Chiesa della Concezione (centro)
QUESTO IL PROGRAMMA PROVVISORIO
ore 11 inizio passeggiata alla strada delle "grotte" e al "parco archeologico"
ore 12 inizio passeggiata ai ruderi del Castello e alla Rupe
ore 13 colazione insieme (la comunità di Cairano offrirà prodotti locali, ognuno però porti qualcosa poichè non sappiamo -purtroppo- ancora quanti saremo)
ore 15 discussione collettiva sulla vita che c’è a Cairano e negli altri paesi più piccoli
coccole dalle 12 alle 17 AMBULATORIO di COCCOLE a "cura" dei Clown Dottori e Volontari dell'Associazione Ridere per Vivere-Campania http://www.riderepervivere.it/

cari amici "provvisori" _ domenica sarà con noi a cairano anche caterina potrelandolfo.
è una cantante lucana che vive a napoli. canta cose antichissime con una voce antichissima. vi dico questo per dirvi che siete pregati di scegliere almeno una persona cara e portarla con voi a cairano. la comunità provvisoria che vedremo domenica deve essere la somma di piccolo comunità che arrivano da varie parti. non fatevi scoraggiare neppure da un eventuale cattivo tempo. il sole sarebbe un gran cosa, ma anche col tempo brutto impareremo altre cose. (f.a.)
... dunque, a Cairano non arriva un uomo politico a fare un comizio, ma arrivano persone che hanno voglia di vedere ed ascoltare. Arriveranno uomini giovani e anziani, donne e bambini. Arriveranno perfino gli esperti delle coccole. (f.a.)
la comunità provvisoria si ritroverà a CAIRANO, un piccolo sforzo e ci saremo tutti ! ... chi non riuscirà ad esserci può seguire la giornata sul BLOG, stiamo preparando un collegamento in "web foto"

cairano / don leone

Il funerale di Don Leone __ Arrivo che il funerale è già iniziato. E oggi se ne va un prete che si
chiamava Don Leone. Lui viveva senza tirare il fiato. Mangiava dove gli capitava. Non aveva una casa. Dormiva in chiesa, spesso sull'altare, vestito, esausto dopo le lunghe serate passate con fedeli e indemoniati. Un parroco esorcista, infaticabile nel fare il bene e nel guerreggiare
col profondo impulso suicida che è alla radice di ogni possessione. Domenica pomeriggio ad Andretta, in Alta Irpinia. Giornata di latta, appena tiepida. Nell'aria settembrina c'è l'urto dell'autunno e dell'ignoto e una luce debole, pronta ad accartocciarsi verso il buio. Intorno al paese la terra è nera. Sono qui con due giovani antropologhe tedesche. Vengono dal Belice e si sono fermate in Irpinia alla ricerca di spunti per i loro studi. Hanno letto su un giornale locale del prete esorcista e sono assai curiose di vederne il funerale. Camminiamo verso la chiesa madre. Guardiamo i manifesti funebri. Ma del cordoglio stampato sui muri non c'è traccia sui volti delle persone. Un giovane parcheggia la macchina con elaborata precisione. Un demente si
affaccia sul balcone, rompe il silenzio e torna alla sua radiolina. Indugiamo a parlare con un uomo seduto davanti alla porta della casa. Dice che Don Leone era buono, troppo buono e che qualcuno perfino ne approfittava. Quando, prima di congedarci, gli diciamo di voler prendere un caffè, ci invita, con un'espressione decisa, quasi minacciosa, a non fermarci al bar che viene, ma a quello alle nostre spalle, lì la miscela è migliore. Non ci fermiamo da nessuna parte. Sentiamo il rumore di chi cammina dietro di noi. Una delle tedesche, Ute, dice che le piace riconoscere il carattere dai passi. Il rumore di oggi ha una cadenza decisa, la cadenza di chi sa dove andare e ci va con lo sguardo sensibile e le caviglie vogliose. Mi giro. Sono tre donne piuttosto anziane. A qualcuna sicuramente è morto il marito. Loro stanno bene quando escono a comprare il pane e il filo per cucire, ma soprattutto quando muore qualcuno. Peccato che un evento del genere accada solo
trenta quaranta volte in un anno. Ancora un pezzo di strada in salita e siamo sotto il grande campanile. C'è molta gente vicino alla chiesa, ogni tanto c'è chi prova ad entrare. Le persone che parlano hanno le mani ferme. Julia mi chiede come mai tanti ragazzi portano gli occhiali da sole. Le dico che questi ragazzi quando escono pensano prima di tutto agli occhiali da sole e alle chiavi della macchina. Oggi stanno qui perché ci sono tutti. Ma più che guardare vogliono farsi guardare. In un paese in cui, secondo loro, non accade mai niente, questo è un giorno
eccezionale. Ci sono anche tanti forestieri, perfino qualche bella ragazza. Proprio adesso ne sta una uscendo dalla chiesa. Ha le lacrime agli occhi. E sono le prime lacrime che vediamo. Io mi avvicino e le chiedo qualcosa con aria da giornalista. È venuta con la famiglia da Avellino. Per lei Don Leone era come un bambino, un uomo di una purezza incredibile, uno che viveva fuori dalla realtà, un santo. Mi dice anche che hanno dei vestiti che dovevano lavargli. Ora pensano di tenerseli come reliquie. Intanto davanti al portone si è aperto uno spiraglio. È il momento di
entrare in chiesa. Finora avevamo desistito anche perché l'altoparlante fa arrivare ben chiaro il discorso del vescovo, la cui parola svela istantaneamente a quale grado di finzione è sottoposta. Ascoltiamo ripetuti richiami alla povertà e alla fraternità. Il vescovo fa l'elogio di quello che faceva Don Leone, ma lo fa adesso che Don Leone è morto, lo fa perché sempre più spesso non si dice quel che si pensa e non si fa quel che si dice: anche per questo nessuno pone più vera attenzione a niente e a nessuno. Avanziamo lungo la navata. In fondo c'è una porta aperta. Ora siamo in una stanza che è servita ai prelati per prepararsi. Ci sono borse ben chiuse e qualche stola appoggiata alle sedie. È come visitare uno spogliatoio durante una partita. Ancora una porta e siamo sul fondo della chiesa, proprio dietro l'altare. Da qui abbiamo di spalle la massiccia figura del vescovo che continua il suo comizio. Di profilo, disposti a corona, ci sono tutti i preti e i frati della Diocesi. Non li avevo mai visti tutti insieme. Certo le loro facce, pur prive della ideale devozione al mistero di ciò che esiste, sono più interessanti di quelle che sfilano sugli schermi televisivi. Uno mi fa venire in mente la scena di un film con un prete seduto al capezzale di un morente che confessandosi gli fa capire di essere l'assassino dei suoi genitori. Il religioso piamente lo assolve. Poi va a prendere il fucile e gli spara in faccia. Usciamo per cogliere almeno un po' di emozione all'uscita del feretro, qualcuno che tremi per un momento. Le mie compagne hanno nella mente gli strazianti funerali del sud d'Italia che hanno visto nei film. Questo è
un funerale che non è per nulla come se lo aspettavano. Mi chiedono come mai la scomparsa di un uomo che ha fatto tanto bene non sembra suscitare rimpianti. Io cerco di allargare il discorso alla reazione alla morte che in questi paesi è assai diversa da quella di una volta. Lo scorso
inverno sono andato al funerale di un suicida nel mio paese. Un quotidiano provinciale il giorno dopo nel breve trafiletto di cronaca scriveva che tutto il paese si era stretto intorno al defunto. Il
giornalista non essendo sul posto aveva immaginato che in un paese del sud il funerale di una persona molto considerata avesse dovuto naturalmente dar luogo a un grande cordoglio. E invece al funerale c'era poca gente. Ma quello che è più curioso è stato l'impatto emotivo che
l'evento ha avuto. Quando ero bambino se qualcuno si uccideva (e la cosa capitava con una certa frequenza) era come se il paese si oscurasse. Una polverina acre si depositava su cose e persone in qualche modo coinvolte nell'evento, la spina avvelenata rimaneva a lungo sotto l'unghia. Sto pensando queste cose mentre ci dirigiamo verso Cairano, il piccolissimo paese vicino ad Andretta dove Don Leone era nato e voleva essere seppellito. Ora noi siamo sulla cima del paese. Julia si è seduta per terra e guarda lo strapiombo che c'è giù. Stanno arrivando le macchine del funerale.
Sono tante, procedono lentamente. E dall'alto, una dietro l'altra, silenziose, colorate, queste macchine sembrano modellini spinti da un soffio. Osservo questa scena che fa sbiadire le tinte accese in cui ingarbugliamo ogni giorno la nostra esistenza, incapaci di lasciarla fluttuare senza freni nella sua dimora naturale tra l'indefinito e l'infinito. Scendiamo dal nostro punto di avvistamento e ci uniamo al corteo che accompagna Don Leone al cimitero. Alcune persone vestite in uno strano modo portano a spalla la bara, davanti a loro ci sono dei giovani che
intonano un canto religioso. Guardo l'uva quasi matura di una vigna adiacente al cimitero che si trova su un pendio ripidissimo, cammino a passi rapidi e sento distintamente che sto camminando, che sto vivendo un giorno della mia vita e queste persone che mi circondano sono come pane benedetto. franco arminio

comunità / michele fumagallo

Cari Amici della Comunità Provvisoria,
l'incontro di domenica 11 novembre a Cairano è il terzo dopo quelli di Bisaccia e Abbazia del Goleto (Sant'Angelo dei Lombardi). Dopo una partenza entusiasmante, non sfugge oggi a tutti noi l'impasse in cui si trova la "comunità" dopo appena due mesi dall'inizio della sua storia.
Vi confesso che tutto questo non mi meraviglia. E' assolutamente normale che in una comunità di amici che si incontrano in modo spontaneo e informale accada questo.
Tuttavia c'è una cosa che non deve avvenire pena la fine anticipata dell'esperienza. Ed è quella della disgregazione del gruppo. Cerco di spiegarmi.
Il primo incontro promosso da Franco Arminio alla Locanda Grillo d'Oro di Bisaccia è stato molto interessante ma mancava forse di qualche punto fermo (c'è sempre un punto fermo in qualsiasi attività umana altrimenti la cosa muore in fasce o addirittura abortisce). In queste brevi e disordinate note cerco di indicare qualche punto fermo per la nostra attività futura.
La comunità nasce come desiderio di incontro tra persone che vivono in un territorio (per adesso più o meno quello provinciale poi si vedrà), che hanno voglia di parlarsi, di conoscersi, di scambiarsi idee ed esperienze. Questa è la sua unica, e sottolineo unica, finalità. Guai a pensare di poter sintetizzare tra persone che hanno idee, esperienze e pratiche diverse di vita e di impegno civile e politico.
Guai a pensare di poter usare le persone per altre cose, anche nobili e giuste, ma qui assolutamente improprie e pericolose perché foriere di forzature distruttive. Questo è quello che dobbiamo capire tutti.
Voglio dire che a tutti noi fa comodo e piacere incontrarsi, conoscersi, parlarsi. Ma nessuno deve avere la minima impressione di essere usato per altri fini.
Momentaneamente la comunità provvisoria, e mai nome fu più azzeccato, tale è e tale deve restare.
Chi ha il suo impegno politico, lo deve esplicare per fatti suoi altrove, non qui.
Chi ha il suo impegno professionale, lo deve verificare altrove, non qui.
Chi ha desiderio, certo legittimo, di intervenire sulla realtà in qualsiasi modo, fosse pure quello semplice e banale di un comunicato stampa, deve farlo altrove, non qui.
Per quanto riguarda l'informazione dei nostri incontri, penso che in questa sede noi dobbiamo avere il coraggio (sì, si tratta proprio di coraggio oggi) della "chiusura" e del "rifiuto". Dove il termine chiusura rimanda un pò a quello di "separatezza", termine caro alle femministe di un tempo, che alludeva al guardare in se stessi, al non essere disturbati momentaneamente da altro. Mentre invece il termine rifiuto è semplicemente la messa in opera, urgente ovunque e in qualsiasi attività oggi, di una difesa dall'inquinamento e manipolazione dell'informazione nella nostra epoca.
L'informazione qui da noi, nella comunità provvisoria, è solo (solo? ma è forse la più rivoluzionaria che possa esistere!) quella che scaturisce dall'incontro e dal contatto personale, naturalemnte senza escludere, siamo sempre figli della nostra epoca, l'uso intelligente ma parco di internet.
Mi rendo conto che tutto ciò possa lasciare con l'amaro in bocca chi ha altre finalità, ripeto tutte legittime, ma qui, nella nostra comunità provvisoria, assolutamente improprie.
Sento già qualche obiezione: ma allora così che facciamo, andiamo avanti a vita a incontrarci, parlarci, eccetera? La mia risposta è no, non andremo avanti a vita. Anzi io ho una proposta da fare agli amici della comunità: andremo avanti con gli incontri mensili in luoghi diversi del territorio per un anno. Poi tutto è lasciato al caso e a ciò che accadrà dopo queste esperienze di un anno. Solo allora si farà un bilancio e si deciderà il da farsi. Oggi invece è obbligatorio stabilire che gli incontri sono assolutamente informali, piacevoli, amicali e nulla più (nulla più? ma è già tantissimo se riusciamo a fare questo, altroché!), senza decisioni di nessun tipo tranne il luogo dove incontrarsi il mese dopo.
Gli argomenti, mese per mese, possono essere decisi o da Franco Arminio, che è stato il promotore di questa iniziativa, o da chiunque nell'assemblea, magari il prossimo "padrone di casa", cioè l'amico che ci ospita nel proprio paese.
Ecco, stabilire questi punti fermi, ci fa, almeno secondo la mia opinione, uscire dall' "ingorgo", e soprattutto dal pericolo dello sfaldamento dell'iniziativa. Michele Fumagallo

un ricordo emozionale / luca

Ho scoperto Cairano dai finestrini di un treno. Esperienza unica il paesaggio che muta. Cairano dalla sua rupe che ti penetra attraverso gli occhi sul ritmo lento di un vagone, come uscito dal film della "Donnaccia". Era il 1995 un treno a pasquetta che ripercorreva l'antica linea Avellino Rocchetta.- Ci sono salito – a Cairano - per la prima volta in una mattina di ottobre, cielo azzurro terso e sotto il "mare" di Cairano bianco, soffice, "Al di là dell nuvole".- Poi la tesi all'Università, l'impegno professionale, e il non stancarsi mai di mandare amici e "strani" viaggiatori a Cairano. Nessuno poi mi ha mai rimproverato di averli spediti "da un'altra parte del mondo".- Forse, sapendo che in Irpinia c'è ancora un'altra parte del cielo bisogna inventarsi nuove funzioni per questi centri, altrimenti rischiamo di mummificare cadaveri. __ Certo l'emozione molto spesso è generata dalla predisposizione del proprio stato d'animo, però a volte il luogo ti libera e forse vuoi volare. Era il maggio del 1997 che accompagnai un gruppo di persone a me care (oggi dove sono con il loro cuore ?) sulla rupe , a spaziare con lo sguardo a 360° , restituisco a voi e a me foto ancora stampate su carta kodak e chissà che domenica non ci sia qualcuno che faccia di nuovo ossigenare il proprio cuore.- Luca

no media / persone e personaggi / rave party / comunità

siamo riusciti ad evitare i passaggi stampa-radio-tv alla giornata di CAIRANO __ ci pesava alzare la cornetta e telefonare __ né potevamo stampare e spedire inviti __ c’è stato un passa parola fatto unicamente di e.mail tra persone che si conoscono e amano ancora questa terra __ persone che si corrispondono in una comunità telematica e provvisoria __ persone e amabili personaggi che sono ormai capaci di attaccar briga via e.mail … :) per poi fare pace __ personaggi che si fanno leggere e che fotografano e che riscaldano l’inverno irpino __ personaggi che coinvolgono, come in una catena di sant’antonio, artisti, sognatori, musicisti, parolai, affabulatori, seriosi e solitari __ voglio quindi ringraziarvi per questa comunione __ CAIRANO, lo avverto, è una esperienza speciale __ ci ritroveremo senza il rumore dei media, senza l’obbligo di presenziare, senza scopi __ e il tam-tam somiglia a quello dei rave party o free party, forse ancora più avanti, senza frecce stradali e senza sms __ mi piacerebbe trovare uno slogan per CAIRANO, non rave, non free, né party __ anche se la coda del “WorldWide Raver's Manifesto” forse in qualche modo calza: << La nostra arma l'informazione. Il nostro crimine è violare e sfidare qualsiasi legge che voi sentite aver bisogno di utilizzare per porre fine all'atto di celebrare la nostra esistenza. Ma ricordate che mentre potete fermare un qualsiasi party, in una qualsiasi notte, in un qualsiasi città, in una qualsiasi nazione o continente di questo magnifico pianeta, non riuscirete mai a spegnere il party intero. Non avete accesso a questo interruttore, non importa quello che pensate. La musica non si fermerà mai. Il battito del cuore non si spegnerà mai. Il party non finirà mai. Sono un raver, e questo è il mio manifesto>> un abbraccio, angelo
foto antonio luongo
DOMANI MI ATTIVO PER IL VIDEOPROIETTORE. HO CHIESTO LA DISPONIBILITA' DEL SALONE EDIFICIO SCOLASTICO VICINO CASA MIA E FARO' TROVARE UNA TRENTINA dI SEDIE (O PIU') DISPOSTE A CIRCOLO. PER IL RISTORO CI SARA' UNA DISCRETA QUANTITA' DI PRODOTTI TIPICI, PREVISTE SEMPRE 30 PRESENZE. IL VINO SARA' IL MIO CON ASSAGGIO DEL NOVELLO. L'HO GUSTATO OGGI ED E' STAORDINARIO!!! STO VEDENDO PER L'ORGANETTO. LEGGEREMO UN PAIO DI POESIE DI UNO SCRITTORE CAIRANESE. PRIMA DI ANSARE VIA HO PROGRAMMATO UNA BREVE VISITA ALLA PRO-LOCO. DONEREMO QUALCHE COPIA dei libri: " CAIRANO NELL'ETA' ARCAICA " e " UN'ESPERIENA NEOREALISTA A CAIRANO "nonchè il DVD del film "la DONNACCIA" E di " FESTARIA " OLTRE A CARTOLINE SU CAIRANO. SALUTI da LUIGI (e zi michelino)