2 gennaio 2008

poesia del sud

È uno spazio del blog in cui vogliamo raccogliere la poesia di ogni sud del mondo, la poesia di poeti che, geograficamente lontani dai centri culturali, economici ed editoriali, non hanno la compiuta possibilità di essere rappresentati. In questo spazio vogliamo agitare le acque, non camminarci sopra. Vogliamo increspare le onde di una cultura commerciale e massiva, anziché farle affondare nell'acqua morta del loro catino. In questo spazio vogliamo, in particolare, essere la costola che diventa persona di un'altra invenzione, di un'altra creatura. vogliamo essere la parte femminile e integrativa del «Centro di Documentazione della Poesia del Sud... e per il Sud» di Nusco, che ha in Paolo Saggese e Giuseppe Iuliano il corpo, il cervello, i piedi, il cuore, fegato e mani. In questo spazio vogliamo essere il tazebau di quanti ci invieranno poesie, meglio se intere raccolte, di quanti vorranno salire su questo gradino di pietra, su questo podio e far sentire, come oratori nel foro di Roma, la loro voce. _ alfonso nannariello
_si apre così un nuovo spazio proposto da alfonso nannariello, un nuovo CANALE tematico sul BLOG della Comunità Provvisoria. Vediamo il materiale che man mano arriva e capiremo come evidenziare tecnicamente la possibile sezione "POESIA del SUD".

«… faremo un giorno una carta poetica del Sud …»(S. Quasimodo)
Da alcuni anni il Centro di documentazione sulla POESIA del SUD tenta di porre in evidenza la necessità di realizzare storie letterarie e antologie poetiche su basi territoriali - anche per macro-aree -, e che siano in grado di offrire un'immagine “reale” ed esaustiva non solo del panorama poetico di alcune regioni maggiormente “fortunate”, ma dell'intera nazione.Soltanto in questo modo, si potrà veramente fornire, magari attraverso una serie di tentativi anche “falliti”, un quadro compiuto della poesia italiana non solo del Novecento, ma anche dei secoli precedenti. Per compiere operazioni di questo tipo, d'altraparte, è necessario innanzi tutto conoscere almeno il meglio prodotto in tutte le aree, anche quelle “periferiche”, d'Italia, passando in rassegna le collane edite anche da editori “locali”, riviste, fogli di scrittura, antologie, e che non necessariamente, soltanto perché edite in provincia, devono essere considerate “provinciali”. Comprendiamo che antologie di questo tipo comportano anni di studio, il coinvolgimento di numerosi collaboratori, la predisposizione di un'équipe agguerrita e motivata. Ma questa è una delle poche strade percorribili, e che potrebbe consentire un censimento veramente attendibile dellaproduzione poetica italiana.Del resto, questa proposta, già avanzatada Dionisotti, Sapegno, Asor Rosa, trova non pochi consensi anche inaree geografiche non meridionali, e presso intellettuali nonmeridionali, ma che hanno stigmatizzato a più riprese le antologiepoetiche spesso frutto di interessi editoriali o di consorterieristrette. In tal senso, illuminanti queste riflessioni di Alberto AsorRosa espresse nella fondamentale “Letteratura italiana Einaudi”, che opportunamente precisa: “… non sembra superfluo sottolineare, proprioin questa fase finale del lavoro, che nell'impianto storico-geograficodella nostra ricerca, non abbiamo mai inteso approdare ad una 'storiaregionale' della 'letteratura italiana', bensì ad una 'storia nonunitaria' della 'letteratura nazionale'. Sarebbe assurdo negare,infatti, che, in virtù di fattori linguistici e ideologici, findall'inizio la letteratura italiana sviluppi una forte tensioneunitaria, una ricerca spesso appassionata dei motivi comuni (De vulgarieloquentia è l'architrave di questo sistema)”.
Questa analisi puntuale di Asor Rosa ci consente di sottolineare, dal nostro punto di vista,alcuni aspetti del problema. Il primo, fondamentale, è che nessuno vuole negare il carattere sostanzialmente coerente e “nazionale” della letteratura italiana, che ha trovato attraverso e grazie ai suoi autori più importanti e ai centri maggiori un'unità d'espressione e di“poetica”. Tuttavia, accanto a questo aspetto, proprio a causa della situazione politica che ha caratterizzato la storia italiana dal Medioevo all'età contemporanea, non meno rilevanti sono le realtà locali e “periferiche”, che hanno espresso e fatto rivivere in modo originale e “differente” fenomeni e fermenti letterari provenienti dal centro o da altre parti d'Europa. Questo non significa, tuttavia,riscrivere in chiave “localistica” la storia nazionale, quanto piuttosto valorizzare le peculiarità regionali in un contesto nazionale, senza quindi perdere di vista il carattere sostanzialmenteunitario della nostra letteratura. Questa importante acquisizione teorica produce, anche nella letteratura di Asor Rosa, un effetto dirompente e nuovo, rispetto agli stereotipi interpretativi dominanti,e che hanno ridotto la letteratura italiana a storia letteraria di poche città e di poche regioni. Infatti, quasi paradossalmente, qualora si ignorasse questa impostazione, si arriverebbe a scrivere non la storia della letteratura italiana, bensì una storia regionale della letteratura italiana.E questo assunto non sembri una pura esagerazione o una provocazione. Ancora è opportuno lasciare la parola ad Asor Rosa:
“… è altrettanto incontestabile che i diversi 'centri' o 'Stati-regioni' sviluppino tradizioni e interessi, che, nel loro insieme,costituiscono altrettante sostanziose varianti del modello unitario,che, in quanto tale, resta a lungo una totale astrazione e si presentainfatti, a scadenze ricorrenti, sotto la forma di una qualcheideologia”. ... “la letteratura italiana coincide con l'insieme di quelle varianti e al tempo stesso con ciascuna di esse. Si potrebbe dire che, invece di scrivere una storia della letteratura italiana, abbiamo scritto (ci siamo sforzati di scrivere) molte storie diverse della letteratura italiana”. “… Roma, Napoli, Milano, il Veneto, Firenze, la Toscana,ecc., come manifestazioni di autonomie e ricerche particolari, dentro il grande flusso complessivo. Vedere questo senza vedere quelle,significa perdere la conoscenza di una parte importante, estremamente reale, di una letteratura come quella italiana, tormentata e contraddittoria come poche altre in Europa”.
Se condividete questa iniziativa, si potrebbero coinvolgere le Scuole sul tema, invitandole a una ricerca sul territorio,
o a scrivere, come già hanno fatto diverse Scuole, una lettera al Ministro della Pubblica Istruzione invitandolo ad intervenire presso le case editrici di antologie scolastiche di operare una selezione degli scrittori e dei poeti nella prospettiva qui indicata. Ci sembra opportuno moltiplicare le voci e le richieste, perconvincere che il tema è sentito e condiviso da tutte le Scuole d’Italia. Inviamo un esempio di lettera già recapitata al Ministro in formato cartaceo: <<>>. Ringraziando per l’attenzione, porgiamo il nostro saluto e l’augurio di buon lavoro ai Comunitari e al BLOG.
Paolo Saggese, Giuseppe Iuliano, Alfonso Nannariello

ma il costo della politica coincide in gran parte in Italia con quello delle istituzioni

Caro Franco, // sì, certo, i consiglieri regionali farebbero bene a ridursi lo stipendio del dieci per cento e a devolverlo al bilancio regionale. Ma il problema è che non lo fanno, e non sono i soli a non farlo. Si potrebbero citare, soltanto nella storia degli ultimi 20 anni, numerosissimi esempi di richieste di piccoli sacrifici alla classe amministrativa (attenzione, non classe politica!), tutti disattesi. Allora cosa vuol dire, che sono tutti corrotti, insensibili, egoisti, rincoglioniti e chi più ne ha più ne metta? No, caro Franco, le cose purtroppo non stanno così, voglio dire che non sono così semplici. Certo, c'è una esagerazione tutta italiana su stipendi, benefit, eccetera riguardante il ceto cosiddetto politico. Guadagnano troppo e producono poco, questo é sicuro. Ma al punto in cui sono arrivate le cose, e dopo infinite richieste di piccoli sacrifici mai esaudite, occorre chiedersi il perchè accade questo se non si vuole cadere nella protesta banale e nella reazionaria richiesta di capri espiatori o di sfoghi popolari (il sud è maestro nella protesta che precede la rassegnazione). // Io credo che dobbiamo interrogarci sulla validità e funzione delle istituzioni in cui è diviso lo stato italiano. Scopriremo qualcosa di veramente scandaloso, una piovra che mangia danaro in modo impressionante, altro che riduzione di uno stipendio del dieci per cento! E soprattutto una piovra che sta lì a impedire un nuovo sviluppo e un nuovo progresso della società italiana a dispetto dei proclami contrari. // Oggi lo stato italiano, che dovrebbe attrezzarsi a "chiudere" in prospettiva della costruzione (già in ritardo sui tempi della storia) del nuovo stato (federale magari, d'accordo) europeo, è diviso in stato centrale, regioni, province, comunità montane, circoscrizioni nelle città, comuni. Tralascio i numerosissimi Enti su cui occorrerebbe fare un altro discorso. Che c'entra tutto questo con le prospettive future del nuovo stato europeo? Vogliamo scendere nei particolari? Bene. // Che c'entrano le regioni (venti!) nella prospettiva del nuovo stato europeo? E' ovvio che in quella prospettiva è l'Italia ad assurgere al ruolo di Regione (che, si badi bene, è un'istituzione giusta, punto intermedio tra Stato Nazionale e Comuni), che cazzo c'entra la Campania o la Lombardia?
Vogliamo proseguire, anche a prescindere (ma non si può, ovviamente) dalla costruzione del nuovo stato europeo? Bene, prendiamo un'istituzione fondamentale come il Comune. Che c'entra, semplicemente con la modernità, un'aggregazione o paese di cento, mille, diecimila e anche trentamila abitanti con un Comune moderno all'altezza dei bisogni di una collettività fatta di uomini-macchine che si spostano continuamente, che hanno altri bisogni dal vecchio comune isolato di cinquanta o cento anni fa? E ancora: che significato hanno le Comunità Montane su cui è stato detto tanto e non aggiungo altro solo per non sparare sulla croce rossa? E le Province, che sarebbero tranquillamente eliminate se si ragionasse in termini di Nuovi Municipi che naturalmente non possono avere, se vogliono programmare all'altezza della storia del nostro tempo, meno di ottanta/ centomila abitanti? Semplifico, rimandando il discorso a un'altra volta. L'Italia dovrebbe essere divisa così: 400 / 500 Comuni (decentrati nello stile dei Municipi della città di Roma nelle grandi città, aggregazioni dei vecchi comuni per territorio in tutti gli altri numerosissimi casi) raccordati da una Regione forte che è l'Italia, nel frattempo ridimensionata come stato nazionale in favore del nuovo stato europeo che prende la funzione e i poteri (forti!) degli stati nazionali. // Ecco, questa è la battaglia contro il costo della politica, non ce n'è un'altra. Tutte le altre hanno fallito perchè si sono "sottomesse" a chiedere piccole cose e hanno ricevuto, ben gli stà ho la tentazione di dire, pesci in faccia. E' solo la battaglia per la riforma radicale delle istituzioni che può portare anche a piccole vittorie sulla diminuzione degli stipendi. Chi si "sottomette" al ceto politico può solo avere risposte simili a quelle della regione Campania.
Con affetto, Michele Fumagallo 3.1.2008