3 gennaio 2008

il viaggio non è più quello di prima

Cari Amici, // caro franco, caro marco, e cari viaggiatori. Sull'onda dei versi montaliani che esprimono il disagio e l'amarezza di non poter dare risposta alle cose se non difensiva (codesto solo possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo), mi inserisco in questo dibattito sul viaggio che potremmo però aprire meglio se ci decidiamo a mandare in prima pagina un argomento per volta. Per dire, per ora, soltanto questo (e mi scuso per l'evidente approssimazione ed estremizzazione dell'argomento). Il viaggio, come l'abbiamo conosciuto, non esiste più. Perchè non esistono più il tempo e la storia, cioè non esiste più il futuro. Sia il viaggio impressionistico (guardare, descrivere, limitarsi nei commenti) che quello più "politico" (guardare, commmentare, sintetizzare) hanno fatto il loro tempo. Per questo non hanno tutti i torti quelli che si rompono le palle del giornalismo e della letteratura da viaggio. Non per colpa di chi scrive (un pò sì, ovviamente, perchè bisogna essere intelligenti e prevenire i tempi sempre), ma semplicemente per colpa dell'ingolfamento della storia che si trascina dietro tutte le nostre parole e le rende "vecchie", "spompate", "noiose" anche quando la scrittura è rispettabile e "bella". // Se non avviene una "rottura", simile alle rivolte generazionali o alle rivoluzioni, è difficile che le parole possano di nuovo avere un senso. Tutto questo è molto tragico, d'accordo. Ma questa è, secondo me, la situazione. Come fare per ridare alle parole il loro valore e la loro storicità? Come fare per ridare al viaggio la sua funzione di conoscenza e quindi di racconto "reale", cioè "nuovo"? // Avrei forse qualcosa da dire, ma per ora, in attesa del dibattito "ordinato", mi limito all'assunto montaliano. // Con affetto, Michele Fumagallo