30 dicembre 2007

libertà individuali / collettive

Spesso ritorno con il pensiero alle vicende ed ai personaggi della favolosa CP. // Fatta di gente incazzosa e polemica faziosa e ideologizzata, manichea e priva di una grossa capacità di ascolto ma di una grossa capacità di eloquio e soliloquio. // Sono gli irpini, miei adorati conterranei comunque. Da vecchi montanari e pecorari hanno un grosso senso dell’autorità e dell’individualità, un senso quasi statunitense di autonomia e di difesa violenta delle proprie prerogative e libertà. // Conoscono da tempo le libertà individuali ed il rispetto che si deve al signore locale. Hanno un minor senso delle libertà collettive che derivino dalla partecipazione libera ed incondizionata a quella che si chiama la Società Civile. // In questi mesi di CP ho visto questo: il grande genio irpino insofferente per lo stesso genio irpino detenuto da altri. Una cosa desolante e allo stesso tempo che fa ben sperare sulla necessità che nei prossimi anni ci sia un immane lavoro da fare per costruire un senso di appartenenza alla comunità che oggi non c’è. Ringrazio Franco Arminio perché quasi tutte le sere mi telefona Gaetano Calabrese e ridiamo per circa un’ora per tutte le sere. Peccato che Gaetano non sia una donna e che non sia più giovane. Ma mi piacciono le sue poesie ed il suo tono da vero irriverente: anche Benigni avrebbe da imparare dal nostro professore di Lioni. Un grazie a Franco Arminio che spesso mi consente di leggere gli umoristici interventi del Compagno Lucio Garofano: mi è simpatico per la quasi assonanza del suo cognome con un fiore che sto studiando in questi mesi come simbolo della mancata stagione politica degli anni 80 e 90 in Italia. Un grazie a Franco Arminio che mi ha consentito di parlare con persone di Nusco che non siano Don Ciriaco. Un grazie a Franco Arminio che mi ha fatto scoprire una vecchia parentela con il fratello di Angelo Verderosa ma non con Angelo Verderosa. Vi pare poco? Incontrarsi e poter parlare e potersi sentire quasi una famiglia anche se un po’ litigiosa? A me tutto questo pare splendido: sento l’esigenza di un senso di solidarietà fra noi che va al di là di qualsiasi differenza. Vedo le mie libertà accresciute grazie anche all’ipocondriaco di Visazz. Che poi ogni tanto va ad Avellino a Via Tagliamento, posso anche pensare qualche giorno di sabotargli la macchina cosi non parte manco da Bisaccia. Con affetto // Un saluto ( vado a capo senò il compagno Garofano si incazza) ROMANO

2 commenti:

Anonimo ha detto...

gondivido in bieno quello che dice andonio romano anche se non mi biacelui perchè è di Ariano ed io tifo ber grottaminarda

Anonimo ha detto...

Rispondo al compagno/camerata Antonio Romano.
Il film "Un sacco bello" l'ho visto e mi ha molto divertito. E' una delle commedie più briose, piacevoli e più riuscite di Carlo Verdone.
I personaggi rappresentati nel film sono perfette caricature comiche di varie tipologie sociali molto diffuse in quegli anni.
Tuttavia, parlando con molta franchezza, io non mi riconosco affatto (e meno male!) nei panni della fidanzata del "figlio dei fiori" interpretato da Verdone. Invece, vedo molto bene Antonio Romano calato nella parte del padre-padrone fascio-comunista, interpretato con brillante verve recitativa dal mitico Mario Brega, scoperto e lanciato in uno dei più celebri film del filone "spaghetti-western" dal grande maestro di regia, il torellese Sergio Leone, di cui Verdone è stato un allievo di successo.
Ebbene, non si capisce fino a che punto Romano ci fa o ci è, come si usa dire, ossia fino a che punto è un fascio (o un comunista) e fino a che punto fa il fascio e, viceversa, fa il comunista. Rimanendo in tema di politica, cinema e letteratura, mi viene in soccorso il romanzo intitolato (appunto) "Il fasciocomunista" di Antonio Pennacchi, da cui il regista Daniele Lucchetti ha tratto ispirazione per il suo ultimo film "Mio fratello è figlio unico". Per la serie "un titolo azzeccatissimo" (mi riferisco al romanzo, non al film).
La risposta al quesito "ci fa o ci è?" la fornisce lo stesso Antonio Romano, quando afferma che è stato "tesserato con Rifondazione comunista dal 1996 al 1998". Dunque, dal 1996 fino al 1998 è stato comunista, dopodiché è diventato fascista... E qui si risolve (forse) il dilemma concernente l'identità politica dell'ex compagno arianese, ora blogger "comunitario e provvisorio" con velleità letterarie.
Insomma, credo che Antonio Romano sia proprio la vittima per eccellenza di quella "mentalità convenzionale" da lui stesso richiamata, in quanto attribuisce al sottoscritto i suoi schemi di ragionamento e di valutazione. Mi spiego meglio.
Quando Antonio Romano immagina che io sia iscritto al PRC e sia un ossequioso e fedele compagno agli ordini del "segretario di partito", prende esattamente un grosso abbaglio, frutto di quella erronea e distorta "mentalità convenzionale".
Infatti, il sottoscritto è un comunista, ma non è iscritto a Ri(af)fondazione (pseudo)comunista, anzi! Probabilmente Antonio Romano, nella sua semplificazione schematica e convenzionale, ritiene che per essere comunisti occorra avere la tessera del PRC?
Infine, voglio rassicurare il camerata/compagno (o compagno/camerata?) Romano che io non sono mai stato agli ordini di nessuno, tanto meno di un segretario di partito al quale non obbedisce forse nemmeno la fidanzata.
Spero di non aver annoiato troppo i lettori.
Colgo l'occasione per augurare buon anno a tutti i frequentatori del blog.
Lucio Garofalo