Impressioni di un paesanologo in vagabondaggio per Roma
Raccolgo in questo scritto un po’ di impressioni vissute a Roma in una giornata passata a vagabondare a piedi con il taccuino in mano. Ho vissuto una giornata frenetica in una metropoli per me molto familiare che mi ha lasciato sempre più sconvolto per la sua crescente disumanità.
Vivendo un’intensa giornata romana ho avuto l’impressione di avere una grossa difficoltà nel fissare un volto nella memoria. Ho vissuto la sensazione che in una grande città ci possa essere difficoltà a trasformare in vera vita le molteplici e quasi infinite occasioni di vita. In un paese vivi l’illusione che in città si possa vivere, mentre in città ognuno si deve scontrare contro la certezza di potersi al massimo forse incrociare. A Roma come a Milano, tutto fugace scorre come le molteplici esistenze di cui difficilmente resterà traccia. Nonostante il mio amore sconfinato per i paesi, forse passerei una vita intera in città a scrivere di quello che mi illudo di vedere, dei mille illusori desideri che improvvisamente potrei avere e soddisfare. __Ma la città è francamente un luogo violento e disumano, che ha rimosso la morte e la malattia come eventi naturali dell’esistenza. __La città è il luogo dove i vecchi sono come dei fantasmi, la loro è la condizione della Solitudine e lo spaesamento è l’elemento esistenziale dominante. __I tanti stimoli della città sono incapaci di lasciare alcun segno tangibile nel cuore e nella memoria. Tutto passa e alla fine della vita rimane la percezione di aver visto passare, di aver vissuto esperienze. La città diviene il tempio dell’Esistente, dell’Esperibile, non certo un luogo dell’anima. __Vedo oggi il paese come mia prospettiva di vita, come centro del Cerchio piuttosto che come punto sulla Circonferenza: nel paese risiedono i miei pensieri, i miei sogni, la mia noia, la mia creatività, la mia qualità di vita. __Al paese devo tutto: la mia inquietudine, la mia voglia di andare, la mia voglia di sognare, le mie amicizie e mie conoscenze, è l’unico amore che fra alti e bassi mi accompagna da una vita intera. __Al mondo tutto cambia ed anche Ariano fa parte del mondo, ma nel paese vedo la mia identità, le radici delle mie gioie e dei miei dolori, dei legami e delle separazioni. __“In un paese è possibile una grande vita” dice Franco Arminio. L’intellettuale libero potrebbe essere il sale che manca alla nostra terra, un intellettuale che come Carlo Levi nel mondo antico dei contadini Lucani trova le ragioni della propria poetica e della propria arte: lui ebreo, torinese, borghese proiettato nella modernità. __La possibilità di vedersi e rivedersi e di conoscersi nel profondo è peculiarità del paese che decida di non essere chiuso al mondo e agli altri. __La visione Marxiana della città come luogo della storia non spiega la vitalità della modernità che vede certo la città come un immenso mercato di sbocco, ma certo non come unico luogo dell’ideazione concettuale e produttiva, che è poi il vero motore del Capitalismo Contemporaneo. L’Italia, nonostante tutto, rimane la nazione dei paesi o, quanto meno, la nazione dei paesani. Questa peculiarità sarebbe un vantaggio immenso se solo capissimo che in Italia c’è futuro e lavoro solo se gli italiani si mettono a fare per tutto il mondo il mestiere che sanno fare meglio: essere creativi e geniali. Per avere una grande idea non è necessario stare in città: forse il vento di Bisaccia o le vigne di Taurasi o il panorama che si vede dai Limiti di Frigento fanno più al caso nostro. Se solo prendessimo consapevolezza di queste nostre infinite possibilità di lavoro e di vita..... a.r.
29 ottobre 2007
Antonio Romano a Roma
Etichette: antonio romano
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