22 novembre 2007

Casa-Madre / eduardo alamaro

“La casa e l’albero”. E’ il sottotitolo di un vecchio libro del non dimenticato professor Roberto Pane che ha come tema l’ambiente naturale e costruito della Campania. Edito da Montanino Editore-Napoli, in occasione di «Italia ’61 », documentò magistralmente, attraverso ottime foto dell’autore, introdotte da poche ed efficaci schede tematiche, “singolari aspetti dell’edilizia popolare ed agricola campana”. L’architettura quindi, “non era presentata nei suoi aspetti monumentali, ma in quelli più propriamente corali”. Quando lo scoprii, amai quel libro, oggi raro (in molti sensi). Vi trovai molta poesia e verità “antica”. L’addio ad un mondo “normale”, niente performance. Solo Pane e lavoro. Sfogliarlo oggi è addirittura struggente, per chi conosce ed ama quei “nostri” delicatissimi luoghi, oggi spesso irriconoscibili. E perciò son diventati miei luoghi della memoria, nutrimento, arte, poesia, ironia, sberleffo…. insomma «‘a casciaforte», come da titolo della famosa canzone.
Mi è venuto in mente prepotentemente questo libro, anzi il titolo di questo libro, “la casa e l’albero”, in questi giorni, dolorosi per me e la mia casa “antica”: la mia anziana e nobile madre siciliana, appartenente ad una Sicilia profonda e misteriosa, si va spegnendo lentamente, inesorabilmente, come una candela. Quel titolo “amico” del libro del professor Pane mi ha fatto perciò molta compagnia. Insieme alle sue struggenti immagini b/n, quelle che lo rendono documento di un mondo che fu. Mi sono passate nella mente quelle case, quelle chiesette, quei volti paesani e faticati, …. quelle architetture semplici e corali, "normali", santi quotidiani. Sono scese una ad una, lentamente, quelle immagini, come le mie silenziose lacrime sul foglio. Come le gocce di sangue che dalla bottiglietta montata sul trespolo dell'ospedale vanno ad irrorare un “monumento” antico, mia madre, che non vuol cedere. Una lotta disperata, quella tra quella “mia” antica Casa-Madre e la ruspa della Morte … il sangue della trasfusione, come iniezioni di cemento nelle vecchie mura, tentano di trattenerla in vita, ancora per un giorno, per due, una settimana, chissà? Erano case forti, casceforti ben costruite, quelle d’ante-guerra, tradizionali ma robuste e adatte all'uso… ma dalli e dalli, a colpi di ruspa, saranno tutte demolite, rottamate. Ora sembra il turno di mia madre …..
Stamani il medico mi ha detto: "E' una donna d'acciaio, … la pressione e il cuore reggono,… è aggrappata con le unghia e con i denti alla vita, alla Terra, perciò resiste. E’ 'nu lione!!” Scusate, sto piangendo, mi faccio forza, proseguo. La vita continua, lo so. Si faranno altre case, altre madri partoriranno, altri alberi si pianteranno, altri figli nasceranno. Altri libri d’amore si scriveranno, spero. Ma questo “mio” b/n è chiuso. Stop, rivado in ospedale. Chissà se ha resistito la mia “casarella”?, la mia Casa-Madre?
Oggi a Napoli è una bellissima giornata, meravigliosa. C’è il sole che scalda, che mi asciuga le lacrime. E come si dice qui: “Quanno jesce ‘na jurnata ‘e sole pigliatella, pecchè chella malamente sta arreta ‘a porta!” E perciò, uscito stamani dal “Fatebenefratelli” di via Manzoni a Posillipo, ho fatto il "giro largo" per andare alla Stella. Me ne sono andato in macchina per via Caracciolo, via Partenope, … ho rivisto la città, l’arco del golfo, la sagoma-madre del Vesuvio, il Sole, … piangevo, … ma ho anche respirato: v’immaginate se ci fosse stato anche il freddo ed il nebbione del Nord? Non sarebbe stato peggio? Saluti, scusate questo intermezzo triste, ma anche di speranza, ... non ho voluto “mancare”, nonostante tutto, Eduardo Alamaro

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie, Eduardo, per averci fatto partecipi di questo tuo momento prezioso. Ti siamo vicini.
Carla

Anonimo ha detto...

caro eduardo
la morte di un genitore è una vitamina nera, una vitamina a lento rilascio. e noi siamo qui per farti compagnia, da lontano adesso, da vicino quando verrai a trovarci. la comunità provvisoria serve anche a questo, serve a dare attenzione al dolore degli altri. ti mando una poesia scritta di recente in occasione della morte del padre di un amico. un abbraccio f.a.

Il padre di Pietro e Lucia

Era uno degli ultimi a uscire in piazza
a parlare con chi si può parlare
a tacere con chi si può tacere.
Adesso penso alla sua faccia ossuta
nel silenzioso mezzogiorno
del paese.
L’ultima volta che l’ho visto
portava un bastone
come si porta una matita.
Da lui volevo sapere
chi era morto chi se n’era andato
dalla sua strada
una delle più lunghe
in questo impero delle porte chiuse.
Ma non volevo rubargli
il fiato che serviva per uscire
a raccogliere
le briciole della vita
sulla tovaglia distesa
tra l’edicola e il camposanto.
Una grigia neve di ottobre
lo ha portato via.