11 dicembre 2007

entente cordiale

Mio caro Eduardo, ho letto con divertimento mescolato ad apprensione le tue due ultime
mails. Divertimento dovuto alla tua ironica presa di distanza dagli eventi, sia personali sia pubblici, in cui pure sei e sei stato coinvolto, al tuo gusto per il calembour, per la distorsione piena di "agudeza" (direbbero i miei barocchi spagnoli) dei significanti e dei loro significati, e apprensione perché io un amico così, nuovo e sorprendente, vitale e tenero, non lo voglio perdere. E poiché sappiamo che alla nostra veneranda (nel senso di cara a Venere) età,
vedersi e incontrarsi diventa sempre più problematico, per gli impegni, la pigrizia di uscire dal proprio guscio, dal ritmo dei propri giorni, così ben organizzati e rassicuranti, la lontananza
delle nostre città (50 km di ingorgo permanente, come ha ben ipotizzato quell'altro bell'ingegno di cui scrivi, e adesso aggiungici la lobby degli autotrasportatori...), per tutto questo, insomma, io
fidavo nella mia buona stella e mi dicevo: Eduardo, con todos sus pensamientos y alegría a cuestas, lo rivedrò senz'altro negli incontri della Comunità, magari già al Goleto! Ed ecco che tu, come un meteorite neanche troppo buono come ormai i vulcani e i terremoti, ci scagli addosso questa minaccia di abbandonarci, ora, qui, come tanti ossicini privati della polpa, scarnificati, un pochino repulsivi, 'na vera schifezza, insomma! Ma come! Solo perché un secondo giro dello
psicodramma di gruppo non t'è piaciuto rinunci al prossimo? Ma lo sai che a Cairano è stato un sacco bello?? E che potrebbe esserlo anche al Goleto, dove fra l'altro tu ci hai pure aderenze in alto loco (leggi S. Guglielmo)? Mi querido, un poco di compassione per questi poveri montanari,
sanniti di ritorno, irpini di vocazione, metropolitani mancati, provinciali invidiosi ed invidiati, a volte ispidi e irsuti come i loro lupi, ma non per stigmate geoantropologiche, no, dai! Non ti
siamo piaciuti, in qualche momento, non per incompatibilità ambientale fra il monte e il piano, ma solo perché uno (due, tre) di noi ha sbagliato atteggiamento, intonazione, gestualità, ha detto una parola di troppo o di meno: please, non ci cancellare dalla mappa della tua geografia dello spirito per questo. Non ci cancellare proprio, anzi, insisto. Resta cummè, pe' carità! Scommettiamo che se insisti nel frequentarci ti riconcili non solo con Arminio, ma anche con
l'architettura moderna e postmoderna, e ti trovi una bellissima casa in alta o bassa Irpinia, dove venire come in quel buen retiro a cui aspiravi? E' davvero imprescindibile sapere dove andremo a parare, se siamo combattenti o no, chi sono i nostri compagni di strada, qual è la battaglia o se non ce n'è nessuna? Io penso che l'esserci conosciuti e posti in contatto, fra così tante
intelligenze e sensibilità, sia già un grandissimo dono, inaspettato di questi tempi bui. Stringiamoci a coorte, por favor, e non andiamo perdendo pezzi per strada: sono anche pezzi nostri. Con un grande abbraccio, Carla

sulle “mie ragioni” e ragionamenti intorno alla Comunità provvisoria

Caro amico provvisorio, alti e bassirpini tutti, sei gentile, siete gentili con me. Ti sento, Vi sento partecipi. Vicini e lontani, come Nunzio Filogamo coi radioascoltatori, ai suoi tempi. E’ domenica sera, ho un po’ di tempo, e quindi rispondo con gran piacere «all’Arminio pensiero web» e ad altro ch’è rimasto in arretrato, sul mio rapporto con la “Comunità”.
Con una premessa, però. Da quando – per mia fortuna – non faccio più il docente (ma non mi sento per questo “in quiescenza”, tutt’altro), mi sono ripromesso (e faccio, per quanto possibile) solo e soltanto le cose che mi fanno e danno piacere. E piaceri. Di tutti i generi e de-generi, soprattutto quelli di viaggio. Di viaggiatore in arte e in architettura, cosa che avrei sempre voluto fare. E che in effetti ho fatto, ma con gran fatica, perché dovevo pur sempre guadagnarmi la zuppa scolastica (ed il relativo agognato vitalizio). Tutto ciò nel modo meno indecente (ed indocente) possibile a Napoli, nella attuale scuola napoletana. Cosa non facile, credetemi!
E’ in quest’ottica di viaggiatore e di “curioso”, di annotatore e raccontatore – cioè di progettista (il progetto architettonico è un racconto collettivo, quando funziona e finziona) –; è in questa logica, dicevo, che son arrivato, o meglio ritornato, dopo tantissimi anni, in Irpinia. Meglio, in altairpinia. Galeotto fu un convegno di studi a Castelfranci, anni fa. Da questo discese biblicamente «l’Agnello di Dio», un fraticello di Pagani (Oddio, pagano!!) che mi condusse al convento di Folloni, ove sono stato poi ospite più volte. Sempre francescanamente e felicemente. Da una costola di Castelfranci uscì successivamente anche l’architetto Verderosa, sempre sia lodato, mai lordato. L’Angelo dell’Altairpinia architettonica mi guidò così nei luoghi del terremoto dell’ottanta. Ossia nella “ricostruzione post/sisma”, nelle nuove architetture di Lioni e Teora (e contorni & dintorni). Su queste scrissi qualche fugace nota e-mail per una rivista nazionale, non trascurabile del tutto. Resoconti di viaggi che hanno avuto un certo successo, tra gli amici architetti. Riaprendo così un po’ l’interesse critico verso (e non versus) queste zone dimenticate dell’architettura (fino al prossimo terremoto, Dio che ne scansi!) Tutto ciò in attesa di un “mio” spazio di riflessione più ampio, che cercavo ed invocavo. Nonché di una chiave di lettura più corale. Di un lavoro di gruppo “nuovo”, di taglio ed approccio diverso, che volevo “leggero”, dis-armato. Religioso direi, se la parola non fosse tanto abusata (ed io non la forza, né la lucidità, per levare tutto il grigiore che su di essa s’è depositato, nel tempo delle convenzioni. Invocavo quindi nuova (e uova) creatività collettiva, che i mezzi tecnici veloci d’oggi favoriscono, poco sfruttati e sperimentati da noi.
Per questa via, un giorno non lontano, mi ritrovai, sempre con l’Angelo Verderosa, a Bisaccia; un luogo che percepii subito diverso, sfuggente, “strano”, non so perché. Infatti, pur avendo scritto subito molto, e con efficacia, nel mio computer, non inoltrai “il pezzo” redatto sulle due Bisacce, … sulla rottamazione dell’antico nucleo abitato devastato (ove in questi giorni è morto il taciturno Giuseppe), … sulla Chiesa nuova. Non parlai neanche dell’incontro col prete e con “il genio del luogo”, l’Arminio, appunto. Nonché di tutti gli interventi visivi urbani, pubblici, che mi vennero spontanei, sulla linea della frana d’Oriente e dormiente, … niente, niente . .. non fa niente. Recuperai poi successivamente, pubblicando parte di una lettera che avevo spedito privatamente e-mail ad Arminio: una mia “cosa” paradossale, ironica, irridente, pietosa … che forse sarà stata messa anche su questo blog. Non so, non saprei dire ora. Non tengo più il conto….
Ci siete ancora?, mi avete seguito fin qui, amici provvisori? Scusatemi, ma è necessaria questa premessa. E’ necessario per me scrivere le tappe del mio lungo percorso nell’interno (mio e della Campania). Renderlo pubblico e condividerlo con Voi. Anzi singolarmente con te, amico mio provvisorio! In tutti questi primi “incontri di viaggio altoirpino”, dicevo, ho trovato molta simpatia nei miei interlocutori, molta disponibilità, … tanto che avevo deciso, quest’estate, di prender casa, seconda casa, un “buen ritiro d’arte” (gli anni passano…) in altairpinia, qualche buona occasione, … ma proprio qui, su questa “prender casa” ho incominciato a capire, a sentire “a pelle”, sulla mia pelle (e sulle mie palle, alle quali sono ancora affezionato), che l’Irpinia e l’irpino son tosti, … che non son poi tanto disponibili, che son guardinghi, sospettosi, … che l’Irpinia è montana e Napoli e la costa son zone piane e non tanto simpatiche, … per non parlare dei napoletani... Insomma, nonostante avessi interessato amici del posto e “del mestiere”, non se n’è fatto niente, finora. La mia casa dell’altairpinia è rimasta una bella sensazione estiva. Anzi, meglio: una senza azione estiva!
E’stato poi l’incontro di Bisaccia, il primo dei “Provvisori”, a farmi capire meglio che per “uno di Napoli”, e segnatamente per me, Eduardo Alamaro, era difficile poter entrare nel comune sentire (e sentore) dell’alta Irpinia. Questione di naso, di odori, di puzze, di corpi, di di altezze geografiche e topografiche. Nulla di più, nulla di meno. Chi viene dalla costa è (o si sente, o è sentito ed audito) troppo “basso” e corto, mettiamola così. L’incontro dei Provvisori - per come me ne aveva parlato Verderosa, che mi aveva invitato - lo pensavo tutto diverso da quello che poi in effetti è stato (ed io che ho fatto non poca vita politica e di movimento, nel passato, mi annoiai molto, … mi sembrò di tornare indietro nel tempo, in un tempo stupido e inutile, pieno di morti e di fantasmi, di tempo perso, per me). Non me l’ero immaginato certo un parlare da “cemento armato”, da sannita in armi (le forche caudine sono lontane…), ma lo immaginavo un incontro leggero, di taglio sciolto, seltz, nuova sartoria irpina, con molto racconto e racconti di bottega, con fabule del tipo: “gente raccontate le vostre cose, i vostri luoghi, i vostri cazzi che son anche i nostri, … progettiamo insieme, senza l’assillo della geometrica potenza della politica, bbr… che freddo in iiiirpinia!!!, …
… ed infatti così era iniziato quell’incontro di Bisaccia, quel pomeriggio bello e simpatico, … ricordo un intervento dell’Angelo color verde e rosa, … parlò dei bambini, dei suoi figli, della difficoltà per loro di stare in Irpinia, … tante piccole cose che fanno grandi cose e grandi case, … e poi ricordo l’ironia (mia), il non prendermi troppo suo serio, fare un battuta senza sentirsi per questo colpevolizzato … scherzare col fuoco, colle cose serie d’un tempo, …. poi prevalse, al secondo giro, con l’ingresso dei “politici” e dei sanniti, quello che Armino chiama qui giustamente “il codice genetico di questa Terra”. Il codice di comportamento atavico dei guerrieri-pastori che tennero in scacco Roma per tanto tempo, costringendoli a ben tre lunghe guerre, sanguinosissime. Quei sanniti che avevamo una struttura difensiva sul territorio “a rete”, niente centri abitati ampi, … una cosa che persiste evidentemente nella memoria, che rende strutturalmente diverso un irpino, un sannita da “uno” della costa come me, costaiolo. Uno che vive da secoli di scambi, di viaggi, di mare, di imbrogli, di sfottò, di commedie, di maschere, di fabule, di meticciati, di comunità scomunitarie, di tarantelle (ma anche a Montemarano c’è una versione meravigliosa!!!) … non so se mi spiego, miei amici provvisori?
Insomma tutto questo per dire, per dirti, per domandarmi: ma io che c’entro in questo schema di guerrieri irpini?, in questa comunità? .. io sono un uomo di pace, uno “normale” a cui piace andare in altairpina, al Goleto, da viaggiatore dello Spirito, … e ciò solo e soltanto perché una domenica sera di quest’estate, per caso, mente suonavano giù il pianoforte, magnificamente, … me ne andai per quelle assolute architetture federiciane di sopra, nella chiesa illuminata … e lì incontrai San Guglielmo che mi disse: “ti aspettavamo da tanto tempo, tu sei un peccatore dell’architettura e dell’arte, uno che irridi, ma che cerchi … ma che, vedi, …ma sai..… ma .. ma sarò discreto sul resto, scusatemi, non posso andar oltre …
Con questo, cari amici provvisori, non voglio però lamentarmi per eventuali e prossime “battaglie che non ho mai combattuto” con Voi, per voi, con te, … non per giustificarmi, ma per essere chiari: io conosco bene le mie caratteristiche fisiche e mantali “di lotta” … ed il luogo della battaglia (e i compagni al fianco) me li scelgo da me, se me lo si consente, … sempre per qual principio di piacere (e di piacermi & com-piacermi) di cui dicevo all’inizio…. e qui non ho ancora capito di che battaglia si tratta, che battaglia si dovrà fare, se si deve fare… non è scattato in me il comune sentire, sento distanza, …. troppa, non so…
E io non vorrei, non volevo fare battaglie altoirpine, sono a disagio su questo terreno, …sono solo un viaggiatore che voleva prender casa e non l’ha trovata… vado quindi per un’altra via, …non so quale, si vedrà … ma il linguaggio di Arminio non mi appartiene, non mi intressa molto, nn lo capisco, …sento certo più consonanza con Carla, con i suoi temi, … con “la quiescente” di Avellino (scherzo), una simpatica signora che ho visto anche a Napoli, nei giorni scorsi, alla presentazione di un bel libro (che ho acquistato e letto) di poesie della “sinistra erotica” (ed io, a s-proposito di erotismo e dintorni sinistrati e sinistrosi, dalla sinistra “nostra”, soprattutto estrema, l’ho sempre preso nel culo, da bravo compagno, credetemi!, e mi fa ancora male, … e non ho più l’età per babbo Natale), …
Posto ciò, non voglio farvi e farti perdere altro tempo prezioso, benché provvisorio, … e poi non so veramente, con questo atavico schema mentale di guerrieri in testa, come non si possa evitare di richiudersi nel “recinto irpino”, come fatalmente accadrà, mi pare di capire, nonostante le buone intenzioni di cui, com’è noto, è tappezzato l’inferno … ….. non lo so che dire, … certo dall’Irpinia è venuto il grande De Sanctis, … io l’ho amato, a suo tempo, …ma forse fu miscelato tra “osso e polpa”, perché educato a Napoli, da Basilio Puoti, non so, … forse dovremmo fare un ping pong mare-monti, osso-polpa, come intuì mia madre, che è morta nei giorni scorsi, quando eravamo ragazzi: un mese di mare, aluglio, ed ad agosto in montagna, ad Ariano Irpino. Perché l’aria di Ariano, l’aria dell’altairpinia fa bene. O meglio: faceva bene, allora, anni cinquanta – sessanta!
Saluti, non ho più tempo. Un bacio provvisorio, Eduardo Alamaro

ai falò di san nicola

Ieri sera sono stato ai falò di San Nicola......ed ho incontrato un sacco di amici provvisori .......Angela, Antonio, Dario, Lapennala, e tanti altri che non ricordo più tutti i nomi;... sto cercando di allargare il cerchio ..... dei provvisori. Credo che alcuni di questi nuovi amici di ieri sera vi scriveranno sul blog. Sono stato felice di incontrare anche Lapennala e tutta la buona compagnia intorno al fuoco. E' stato splendido. Il paese è bellissimo. Le case costano poco e quasi quasi.... Bellissimo come Gesualdo dove prima ho sentito il coro di Antonio. Antonio la cravatta fa un poco schifo..... Per il resto siete stati meravigliosi. A parte le prediche del Monsignore. Ma di quale diocesi era il monsignore che ha parlato alla fine, per mezz'ora...il suo intervento è duranto più del concerto a momenti. In verità sono arrivato un po’ in anticipo, come al solito ho sbagliato le coordinate spazio tempo e sono arrivato con due ore indietro. Faceva un freddo da neve e sono entrato nella chiesa del Santo Rosario. Era tutto buio, solo due candele (elettriche) l’illuminavano dall’altare. Però sono stato li a meditare ed a modo mio a pregare. Ad un certo punto ho sentito il portone che si chiudeva alla mie spalle. Ho bussato, Da fuori mi ha aperto il Sacrestano che se ne stava andando chiudendo la chiesa. Mi fa: ....e tu da dove esci? Dalla chiesa, perché non si vede. Ma se non c'era nessuno? Uaaahh!! Sono riuscito a farmi una "magia gentile": scomparire! / Il passato pericolo mi ha creato un vuoto (quantico) nello stomaco. La paura di passare una notte nella chiesa del Rosario a Gesualdo faceva brutti scherzi. E, così con i crampi allo stomaco sono uscito dalla chiesa e sono entrato in salumeria. Signora mi fa un panino salame tipo Napoli e Formaggio. E, un’altra signora, vestita di nero che stava li parlando con la salumeria, si è girata verso di me ed ha detto: “oh .. quando sento la parola Napoli per me è magica. Mio marito mi cantava sempre canzoni Napoletane. E, cosi mi sono messo a cantare "Dicintecella a sta cumpagna vosta ch’gge perduto o suonn e a fantasia ...ca penz semp’e che tutt’a vita mia....io c’ho vuless ridecere ma nun ciò sacc di....e na passione chiu forte e na caten.........ca me turment l'anema e non me fa campà..." . La signora si è messa a piangere. A quel punto ho smesso di cantare ….Gli ho chiesto di raccontarmi una storia. Questa però non ve la racconto. Perché era bellissima e le ho detto perché non la scrive questa storia? E, Lei sa ci penso. Ma non ho il coraggio di farlo. Ed io, ma sei bravissima e poi queste storie non le racconta più nessuno se non le racconti tu. Scrivila e mandacela alla Comunità Provvisoria, che raccogliamo anche storie d’amore e fiabe della nostra vita. / Se qualcuno passa a Gesualdo, la salumeria è quella nella piazza a fianco la chiesa di San Nicola, ricordate alla signora di scriverci le storie e di chiamare anche la sua vicina quella del bar di fronte perché insieme ne possono scrivere tante. Loro conoscono tutti i segreti della vita. E, cosi li possiamo insegnare seduti intorno al fuoco dell’amore ai nostri figli. / Maria De Filippo a queste due amiche provvisorie di Gesualdo ci fa un baffo.

sulle ragioni della Comunità Provvisoria

Fare una comunità provvisoria in Irpinia significa lottare contro il codice genetico di questa terra. La tanto evocata vita comunitaria del passato era quasi sempre coatta, legata a necessità contingenti: si aveva bisogno degli altri, ma non si stava con gli altri per amore. In quanto popolo di pastori siamo essenzialmente solitari. in quanto popolo di guerrieri, gli altri più che la voglia di abbracci a noi istigano sentimenti bellici. Bsta organizzare un'assemblea di tipo politico per rendersene conto. All'incontro del sedici saremo sicuramente tanti. Sappiamo che le cose belle fanno paura e che in fondo la felicità per essre sopportata richiede spalle assai robuste. Siamo talmente abituati alle inadempienze e alle cose che non funzionano da aver sviluppato un apparato immunitario molto potente che però alla fine ci immunizza anche dall'entusiasmo.
La nostra si chiama comunità provvisoria perché sappiano che possiamo solo aprire una breccia in questo muro. Sappiamo che prima o poi il muro si richiude perché i demoralizzatori sono sempre all'opera. Chi non alimenta questo fuoco non lo fa per distrazione, ma per scelta precisa. Lo fa perché la propria miseria per non apparire ha bisogno di confondersi con la miseria di tutti. Questa non è accidia, non è quieto vivere. Questa è una poetica, la poetica della piccola-borghesia. La comunità, prima di finire, avrà sviluppi grandi e imprevedibili. E non ci chiuderemo nel recinto irpino. Questa volta non la daremo vinta a quelli che lamentano ferite per battaglie che non hanno mai combattuto. _ Franco Arminio

blog come strumento di dialogo

Ho sempre inteso il Blog come uno strumento di dialogo e di democrazia. Possiamo , con alcuni, avere idee diverse, ma ad una attenta lettura uguali finalità, ma questo non autorizza nessuno ad usare nei commenti toni di sfida ed offesa assolutamente intollerabili. Ho l'impressione che qualcuno si senta punto un po' nel vivo, ma da lì ad usare termini come " Non rompere le " mi sembra un po' di esagerare. Io ho sempre detto apertamente quello che pensavo, ed ho sempre sottofirmato ciò che andavo ad affermare. Non ho mai ritenuto di nascondermi sotto una veste di anonimità. Chi mi conosce, e spero che lo possano fare anche gli altri, sa che sono una persona di grande positività, piena di idee ed iniziative. Non sono un disfattista e tantomeno un pessimista, questa parola non esiste nel mio vocabolario, sono un realista. Sono un gran viaggiatore, sono stato un discreto alpinista, ho dimestichezza , con il vento e con le tempeste, ho viaggiato per terre, mari e monti, non ho bisogno che qualcuno mi ci mandi, anzi gli consiglio di provare le stesse sensazioni di spirito libero che io ho vissuto con esaltazione nella mia vita. Il riferimento con toni scherzosi che ho fatto nel post precedente sull'asteroide Apophis, che nel 2029 sfiorerà la Terra e nel 2036 potrebbe scontrarsi con essa con esiti catastrofici, leggiamolo bene. Non auspica la fine della Comunità, ma la sua durata nel tempo. Solo un evento catastrofico può distruggere un bel progetto. Non vivo di paure, perche nella vita ho sempre avuto il coraggio di affrontale, se ne liberino gli altri, non è un problema che mi tocca. / A qualcuno che chiede chi è Tonino Lapenna, rispondo: una persona pulita ed onesta, di grande rettitudine morale, una persona che vive di concretezze, che ama le amicizie sincere e disinteressate, che ama la vita e non è alla ricerca di alcuna vana gloria. Alziamo la testa e con essa le spalle, guardiamo in faccia il prossimo, con il desiderio sincero di confrontarci, senza snobismi e senza paure. La ricchezza sta nel confronto e nel dialogo. Un contesto dove solo due o tre parlano ed altri ascoltano non è positivo. / Nonostante tutto il giorno 16 penso di essere al Goleto. Nel gruppo ci sono comunque delle persone che amerei rincontrare, persone oneste, umili, non piccolo borghesi, anche questa è una etichetta che non ci appartiene. Se a qualcuno non è gradita la pia presenza lo dica, attraverso il Blog , sottofirmandosi, o a mezzo di una email. Non nutro rancori per alcuno. Per li futuro mi auguro di poter intervenire con contributi, commenti ed analisi concrete sulla nostra realtà, e non per sterili polemiche o per difendermi da attacchi assurdi. / Un saluto doveroso al giardiniere. Abbia pazienza e cura, prima o poi nel suo giardino nasceranno dei fiori bellissimi

Un Saluto ( gli abbracci amorosi possono essere fraintesi) / Tonino Lapenna

10 dicembre 2007

un ritorno sul concetto di provvisorietà

Un invito a leggere per intero il Post. Provvisorio è uguale a transitorio, a precario. E' una situazione che si accetta per situazioni contingenti, ma che il più delle volte non si ama. Mi sono chiesto quale è la situazione contingente che ha portato alcuni a scegliere questa identificazione per la Comunità. Se uno degli scopi del gruppo è quello di ricercare la bellezza, gli affetti, una dimensione ed una qualità di vita migliore, perché non riconoscersi in un qualcosa di ben definito? ___ Scusatemi se ritorno ancora con una parola che sembra fuori dal coro, provocatoria, in senso benevolo. Scusatemi per la franchezza con cui espongo i miei concetti, spero semplici e di facile comprensione. E' difficile che io mi lasci prendere da enfasi poetiche o dal desiderio di trasporre tutto in favole. Mio padre, nato in quel di Bisaccia , paese di letterati e poeti, non dimentichiamoci dell'illustre mio omonimo, insegnante, amava scrivere poesie, anche belle, ma in questo non ho preso da lui. Tutti soffrono i disagi della vita, le tensioni a cui ci costringono, le scelte ingiuste, le sofferenze che è costretta a sopportare la nostra società e che la cronaca ci riporta quotidianamente. Io soffro come tutti voi, ma non accetto queste condizioni e non ci sto a subirle passivamente. Non credo molto nella giustizia. Il tempo della giustizia vera è ancora lontano, per due motivi semplici. Il primo, la giustizia terrena è ancora in balia di percorsi intricati, non c'è ancora nel mondo una Nazione che abbia raggiunto un livello di democrazia e di giustizia sociale tale da farci auspicare un prossimo futuro migliore. La seconda, quella cosiddetta divina, la si può comprendere e forse raggiungere solo quando l'uomo si sarà liberato di una sua natura opportunistica, egoistica, arrogante. Solo Il raggiungimento della pace interiore, che è una nostra prerogativa, il riuscire a cogliere il senso della bellezza e dell'amore è uno dei percorsi che ci aiuta a sopportare il disagio. Ma quale è il contributo che noi tutti possiamo dare, ed è un nostro dovere, agli altri che più deboli, meno forti nello spirito e con poche risorse, soffrono non accettando la provvisorietà in cui sta vivendo la nostra società in attesa di tempi migliori. Il disagio e la precarietà in cui vive il nostro Mezzogiorno, la nostra Irpinia, in che maniera ci tocca? Non si costruisce un progetto, la Comunità è comunque un progetto, senza porsi questi interrogativi. Pensare poi che pur nella sua grandezza, questo progetto presto finirà di esistere, perché c'è qualcuno che rema contro e incomprensibile. Può finire solo se si fanno delle scelte sbagliate e non perché qualcuno lo voglia deliberatamente e non penso che sia una volontà di coloro che fino ad ora si sono avvicinati. Un pensiero se è forte sopravvive a qualsiasi disagio. Mentre scrivo mi sovviene questo pensiero: nella vita c'è un tempo per pensare, per riflettere, per guardare.. ed uno per agire. La Comunità potrebbe dedicare dei momenti alla poesia, alla letteratura, all'arte, altri alla riflessione ed all'azione. Agire è importante. E' un dato di fatto o perlomeno mi sembra di coglierlo, che nel gruppo che ha aderito alla comunità ci sono anime diverse, ma non per questo bisogna invitarle a scendere dal carro. Ad una analisi più attenta potrebbero essere proprio queste, forti perché decise ed autodeterminanti a costituire la forza cementificante e attiva del gruppo. __ Un amico, comunitario, con una email mi ha invitato a leggere i Post sul Blog ed a commentarli. Consulto tutti i giorni il Blog e questo è il mio commento: Molti articoli con contenuti poetici ed anche letterari discreti, sono oggetto di molti commenti, doverosi, entusiasti ed ossequiosi, pur senza idee, altri, due in particolare, concreti, forti e equilibrati, che pongono l'accento su problematiche reali, non vengono degnati di un commento. E indubbia la mia attenzione per questi ultimi. Il riferimento è al Post " No all'incuria" di Angelo, sempre pacato ed equilibrato nei suoi interventi ed a quello di Carla " Tra vittime ed impostori", che in modo diretto, senza fronzoli, pone l'accento sul difficile momento politico dell'Italia, sulla mancanza di regole, che ci porta ad assistere a tragedie inaccettabili. Non aiutiamo il prossimo commiserando o trovando delle giustificazioni a tutto nella nostra natura, nel nostro modo di essere o nella poca acculturazione del popolo. Sono forse anche queste delle verità, ma non le possiamo accettare, dobbiamo agire, facendo sentire tutta la nostra rabbia e la forza delle nostre ragioni. Per il Post " Quale Irpinia nel 2030" che ho letto con simpatia, direi di chiedere un commento ad un nostro conterraneo, politico longevo, arbitro di tutte le scelte politiche in Irpinia. Forse nel 2030 ci sarà ancora. Non dimentichiamoci poi dell'asteroide "Apophis", che nel 2029 o 2036 potrebbe mettere una parola fine su tutto, questa volta si anche sulla "Comunità provvisoria". Un cenno importante, sincero, per il ricordo di Franco per il paesano Giuseppe, commovente e per la prima volta senza velate polemiche. Del resto a polemizzare uno basta, ci son io. Abituati a nutrirvi di bellezza e di poesia, vogliate apprezzare anche la bellezza di un piccolo temporale, che vi ripulisce dalle vecchie scorie, che vi scuote, che come la forza dell'acqua, in natura, e dei nutrienti che essa apporta, aiuta a vivificare tutto ciò che investe. Il nostro animo è come un deserto che vive, ma che ha bisogno di un temporale e della sua acqua per far fiorire tutta la sua straordinaria ricchezza. Non mi dilungo oltre altrimenti potrei diventare poetico, senza,forse, averne le qualità. Un cordiale abbraccio a tutti da Tonino Lapenna

9 dicembre 2007

Giuseppe

Franco scrive della morte di Giuseppe, l'operaio precipitato da un'impalcatura a Bisaccia, e fa bene a continuare a commentare puntualmente gli avvenimenti che accadono nei nostri paesi, sia questo che altri meno luttuosi. / A me, sinceramente, piacerebbe di più, in questo periodo storico di trapasso, che ci fosse, anche per lutti così insopportabili, un silenzio assoluto, anche a costo di essere presi per cinici. / Sì, certo, è insopportabile l'indifferenza da cui siamo circondati ogni giorno, per cui verrebbe davvero la voglia di urlare, anzi di più, ululare come facevano i lupi una volta: signori, Giuseppe muore! Ma a che servirebbe? / Viviamo in una società dove uno dei pilastri della nostra vita, cioè il lavoro (l'altro è l'amore, tema non a caso ritornato ad essere tabù), e parlo soprattutto del lavoro "vivo" degli operai, è svalorizzato come mai è accaduto nella nostra storia. / E allora che fare, in presenza della morte tragica di un uomo? / Vorrei rispondere: pregare, se la parola non fosse stata manipolata da tempo da una "razza di vipere" di evangelica memoria, svalorizzata nel suo significato più autentico di ricerca di aiuto a Dio affinché mandi gli "operai" a risollevare le sorti di un popolo smarrito, oppresso dai vampiri ma anche dai suoi stessi errori. / Resta, per ora, il dolore per questa tragedia, per quelle passate e per quelle che verranno. / Guai a noi se non facessimo fruttare questo dolore, se esso non servisse a cambiare, a diventare umili, a riprendere un cammino a fianco innanzitutto della parte dipendente e sommersa della nostra società". Con affetto, Michele Fumagallo

sicurezza sul lavoro a metà prezzo

Nella nostra regione si continuano ad appaltare opere di edilizia pubblica sulla scorta di prezziari vecchi di 10 anni; nonostante i prezzi non aggiornati le imprese offrono ribassi del 30%. Si lavora cioè a metà prezzo.
Per procedere nell’appalto si devono fare economie in ogni parte dell’opera; la prima economia che si fa in un cantiere è risparmiare sulle misure di sicurezza.
La seconda è utilizzare manodopera sfornita di assicurazioni e contratti.
La terza è utilizzare materiali di scarsa qualità.
La quarta è interrompere i lavori e fare causa all’ente (90% di probabilità di vincere la causa, a 10 anni di distanza).
Viviamo uno stato e un’economia che non crede nell’importanza delle opere pubbliche tantomeno dell’architettura civile.
Si fanno annunci e propaganda sulle opere finanziate e appaltate, non si parla mai di opere ultimate nei tempi previsti e realizzate con qualità.
Diverse regioni italiane hanno varato leggi che impediscono di appaltare opere pubbliche con il massimo ribasso; diverse sentenze hanno stabilito che non si possono utilizzare prezziari non aggiornati. La nostra regione non si adegua perchè i ribassi provenienti dalle opere pubbliche servono per coprire i buchi della sanità e del piano rifiuti.
Nella nostra regione si stanno realizzando in questo periodo migliaia di alloggi residenziali pubblici (ovvero edilizia economica e popolare nell’ambito del programma “eliminazione dei prefabbricati del sisma 1980”) con un costo medio –netto- di 350 euro al metro quadrato; un’abitazione di 90 mq. la si vorrebbe realizzare con 31.500 euro circa.
In questa cifra sono compresi: sicurezza, ponteggi, scavi, trasporti, strutture in cemento armato, impianti, muri, intonaci, pavimenti, infissi, ecc..
Con la stessa cifra a Milano si realizza un metro quadrato di pavimento in legno o di balaustra in vetro; negli altri paesi della Comunità Europea con la stessa cifra si fanno forse massetti e coibenti sotto i pavimenti per contenere le dispersioni energetiche ...
La morte sui luoghi di lavoro si eliminerà se il processo edilizio troverà un suo giusto riconoscimento ed equiibrio, se politica e amministratori riconosceranno il giusto valore alle opere pubbliche di importanza sociale.
Le leggi vigenti che obbligano all’utilizzo e al controllo del casco in cantiere sono solo un palliativo per tenere la coscienza a posto; un vano esercizio per far finta di essere in una società civile. a.v.

Il Giorno di Giuseppe

Alle otto del mattino sono all’edicola. Uno dice che poco fa è passata un’ambulanza. Chissà chi è andato a prendere, risponde un altro. La discussione mattutina vira naturalmente su altri argomenti. Vado a scuola anche se non sono in servizio. Ho l’idea di fare un grande presepe a forma di cuore. All’ora della ricreazione una maestra dice che è morto Giuseppe il manovale. Ecco chi era andato a prendere l’ambulanza! Verso mezzogiorno esco da scuola. Il presepe a forma di cuore si può fare, ma mi manca il materiale e se ne riparlerà la settimana prossima. Torno all’edicola. L’edicolante sta già mettendo a posto i giornali invenduti, il pomeriggio non apre perché non c’è nessuno. In verità non c’è nessuno anche adesso.
Vado a vedere il posto dove è morto Giuseppe. Anche qui non c’è anima viva. Unica traccia dell’accaduto: una piccola goccia di sangue. Arrivano due carabinieri che fanno alcune domande a un collega di Giuseppe. Immagino che sia l’inizio di un’istruttoria giudiziaria per la quale non provo interesse. Il corpo senza vita di Giuseppe è all’ospedale. Quando è arrivato in ambulanza hanno deciso di chiamare l’elicottero per portarlo altrove, ma si è trattato di un decollo breve. L’ospedale di Bisaccia non è attrezzato per far fronte ad alcuna emergenza. È un ospedale che non si occupa di noi, ma siamo noi a doverci occupare della sua sopravvivenza. Quando dico noi penso alle poche persone che ancora si occupano delle cose collettive, delle poche persone che non si sono rassegnate. Tornando a casa mi torna alla mente la telefonata che in mattinata mi ha fatto il mio amico Andrea Di Consoli, scrittore lucano che vive a Roma. Con lui parlavamo della necessità di non abbandonare le tipiche problematiche meridionaliste. Gli ho parlato di Giuseppe, ennesima vittima di un sud che da sempre è falciato dal lutto. Il sud dei poveracci chiamati a fare la guerra per difendere una patria di cui non sapevano nulla. Le guerre di ieri e quelle di oggi. Il sud dei morti nelle miniere. Il sud di chi è partito senza più tornare. Anche per questo Giuseppe oggi è morto in un paese che sembra morto. Un paese bellissimo che è diventato il museo delle porte chiuse. Giuseppe lavorava proprio in una casa del centro antico e nessuno si è accorto del suo tonfo. Trent’anni fa quando accadeva qualcosa subito si spandeva nell’aria la polverina dello sgomento e la respiravi per molti giorni. Qualche anno fa mi è capitato di scrivere un articolo su un mio vicino di casa morto nella stessa maniera. Da allora di lui non ho mai sentito parlare. Sarà così anche con Giuseppe. Non aveva figli, non aveva una moglie e forse non aveva neppure amici. Tifava per la Juve e questa pareva l’unica forma di partecipazione alla vita degli altri. Il resto era la solita vita di calce e mattoni. Tutti i giorni, tutto l’anno, senza mai prendersi una pausa, una vacanza. Si alzava prestissimo. Non aveva molti buoni motivi per stare in casa. L’ho incontrato spesso alle cinque del mattino quando uscivo per filmare il paese alla luce dell’alba. Aveva la mia stessa età e non mi chiamava mai per nome: mi chiamava “parente” per via di una parentela su cui non mi sono mai informato. Ci occupiamo di tante cose, ma ci sono persone che proprio non ce la fanno ad attirare l’attenzione degli altri. E forse neppure la cercano. La giustizia che mi interessa non è quella dei tribunali. È la giustizia di dare valore a tutto quello che ci circonda, agli esseri e alle cose.

Da quei tetti non è caduta un tegola, ma un cuore.

Chi sarà il prossimo...

Siamo ancora in autunno, ma qui in Irpinia è già arrivato l’inverno freddo e ventoso: e con esso anche la morte (do you remenber Bisaccia?). ___ sembra che la nottata non debba passare mai come diceva il grande Edoardo, ma cambieranno le cose? Che fare ?
Povera Patria
Schiacciata dagli abusi del potere / Di gente infame che non sa cos’è il pudore /Si credono potenti e gli va bene / Quello che accade e tutto gli appartiene /Tra i governanti / Quanti perfetti e inutili buffoni / Questo paese è devastato dal dolore / Ma non vi danno un po’ di dispiacere / Quei corpi in terra senza più calore / Non cambierà non cambierà / Non cambierà forse cambierà / Ma come scusare / Le iene degli stadi e quelle dei giornali / Nel fango affonda lo stivale dei maiali /Me ne vergogno un poco e mi fa male / Vedere un uomo come un animale /Non cambierà non cambierà / Sì che cambierà vedrai che cambierà / Si può sperare che il mondo torni a quote più normali / Che possa contemplare il cielo e i fiori / Che non si parli più di dittature / Se avremo un po’ da vivere / La primavera intanto tarda ad arrivare” __ Franco Battiato
Che fare? Per far sì che nessuno continui a morire per lavoro? Che fare?